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Sui Neet serve più coraggio

C’è un aspetto positivo nel decreto lavoro recentemente convertito in legge dal Parlamento. Per la prima volta, infatti, si riconosce concretamente il problema dei Neet, cioè di quei giovani che si trovano al di fuori dei circuiti lavorativi e formativi, prevedendo un incentivo per le imprese che li assumano. Peccato, però, che la misura sia limitata nel tempo, dunque non strutturale, il che rischia seriamente di depotenziarla. Lo scenario in cui si inserisce la scelta del governo Meloni è ormai noto: in Italia sono tre milioni i giovani tra 15 e 29 anni di età che non studiano né lavorano. La Puglia, ovviamente, non è indenne dal fenomeno. Anzi, a Bari e dintorni la situazione è persino più preoccupante se si pensa che i Neet ammontano addirittura a 250mila, pari a circa il 30% della fascia di popolazione tra 15 e 34 anni di età, a fronte di una media nazionale di poco superiore al 23. Uno studio condotto dagli esperti dell’università “Aldo Moro” di Bari per conto della Cisl, tra l’altro, ha messo a fuoco le cause della lontananza dei giovani dallo studio e dal lavoro.

Nel 24,2% dei casi si tratta di difficoltà scolastiche e formative, nel 23,5 di problemi di tipo lavorativo, nel 17,4 di dinamiche familiari poco favorevoli, senza dimenticare la demotivazione e il disorientamento, il disagio economico-sociale e la complessità della socializzazione. In questo contesto, attraverso il decreto Lavoro, il governo Meloni ha introdotto, per il periodo compreso tra il primo giugno e il 31 dicembre, un incentivo per le aziende che assumano giovani con meno di 30 anni, che non studino né lavorino e che siano registrati al programma “Iniziativa Occupazione Giovani”. Il bonus è pari al 60% della retribuzione mensile lorda imponibile a fini previdenziali per 12 mesi ed è anche cumulabile con altri incentivi, sebbene in quest’ultimo caso la “sforbiciata” appena descritta si riduca al 20%.

Non c’è dubbio: la norma è in sé positiva perché riconosce il problema dei Neet e lo fa in modo concreto, cioè prevedendo incentivi alle assunzioni. I limiti, però, non mancano e sono sostanzialmente due. Il primo: non si tratta di una misura strutturale, in quanto destinata a scadere il 31 dicembre, il che rischia di ridurne sensibilmente l’efficacia. Il secondo: non è condivisibile l’approccio aziendalistico perché, per inserire i Neet nel mercato occupazionale, bisogna agire non solo sulla proposta di lavoro ma anche sulle loro condizioni di vita.

Sarebbe servito più coraggio, dunque, ma anche una maggiore considerazione del ruolo di sindacati, enti bilaterali e di tutti i soggetti in grado di contribuire all’inserimento degli inattivi nel mondo del lavoro. Oltre che misure come quella inserita nel decreto lavoro, si dovrebbe prevedere corsi di formazione ad hoc, rafforzare gli sportelli del lavoro e incentivare le attività di orientamento e formazione dei giovani. Insomma, per risolvere un problema strutturale bisogna puntare su misure strutturali. A meno che non si voglia correre il rischio di dissipare le energie e il talento dei giovani, soprattutto al Sud.

Raffaele Tovino – dg Anap

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