I temi dell’economia circolare, sostenibilità ambientale e produzioni agroalimentari rispettose dell’ambiente occupano sempre più spazio nelle discussioni aziendali e scientifiche che guardano al futuro. In Puglia una delle filiere agroalimentari più importanti ed economicamente rilevanti è sicuramente quella che riguarda il mondo dell’olivo e dell’olio; basti pensare che più del 50% dell’olio italiano è prodotto in Puglia, dimostrando (nel caso ce ne fosse bisogno) il ruolo centrale che questa regione riveste in termini di quantità superfici olivetate sul panorama nazionale. Certo, negli ultimi anni ha focalizzato l’attenzione del comparto sull’annoso problema della xylella fastidiosa dove, tra scontri ideologici e risultati scientifici, porta l’opinione pubblica a discutere, spesso senza dati oggettivi, alla nascita e risoluzione del problema. Unico dato certo, a oggi, è che il comparto agroalimentare deve guardare sempre con più attenzione ai temi ambientali e, su questo, la Puglia da qualche anno sta dando il suo forte contributo in termini di ricerca e innovazione.
E proprio in questo campo, circa sette anni fa un gruppo di imprenditori lungimiranti e attenti al tema ha dato vita alla startup innovativa (oggi pmi innovativa) Bioenutra, un’azienda innovativa specializzata nell’estrazione naturale di polifenoli dai sottoprodotti derivanti dalla produzione di olio da olive. L’attività di ricerca portata avanti in questi anni da Bioenutra parte dalla convinzione che l’olio extravergine di oliva di qualità presenta delle caratteristiche nutrizionali e salutistiche da renderlo un alimento alleato della salute, grazie alle sue componenti “nobili” di antiossidanti, polifenoli e vitamina E in grado di garantirci un buono stato di salute. Per questo, lasciando spazio ai numeri, fatto 100 la quantità di queste molecole salutistiche presenti nell’oliva, nell’olio ritroviamo dall’1 al 3% di questi composti, mentre la restante parte (dal 97 al 99%) si perde letteralmente nei sottoprodotti dell’estrazione come, per esempio, le acque di vegetazione e di lavaggio delle olive, poi gestite e successivamente smaltite come “rifiuto”.
A questo punto, la domanda da farsi e che prima di noi si è posta il team di Bioenutra è: perché non sfruttare questa ricchezza? Infatti, attraverso la progettazione di un impianto brevettato che realizza una tecnica di filtrazione, senza l’utilizzo di solventi e sostanze di sintesi, l’azienda estrae i polifenoli dalle acque di vegetazione per dar vita ad un mix di composti attivi denominato Momast. Il Momast è composto da un concentrato di polifenoli quali idrossitirosolo, tirosolo e oleuropeina, principi attivi dalle spiccate proprietà antiossidanti e antinfiammatorie.
Attualmente l’azienda ha messo in campo diverse partnership scientifiche per studiare le proprietà di questi estratti e applicare un loro utilizzo in diversi campi; dalla produzione di alimenti funzionali al settore della cosmetica o alla produzione di prodotti nutraceutici. Tra i partner ritroviamo il Dipartimento di Farmacia – Scienze del Farmaco dell’università “Aldo Moro” di Bari, oltre l’università di Pavia e l’università di Chieti “Gabriele d’Annunzio”, al fine di studiare l’efficacia dei composti e la loro applicazione pratica.
Come si legge sul sito web dell’azienda (www.bioenutra.it), gli scarti dell’agricoltura sono una risorsa che posta nelle mani sbagliate diventa un grave problema ambientale. Bioenutra punta a risolvere dare valore ai sottoprodotti in un’ottica di valorizzazione degli scarti e potenziamento delle azioni che riguardano l’economia circolare nella produzione di alimenti fondamentali per la nostra alimentazione, come l’olio evo. L’azienda nasce e opera a Ginosa, in provincia di Taranto, area della Puglia che da anni ha a che fare con problemi ambientali legati alla produzione dell’acciaio, a dimostrazione che i problemi di un territorio si risolvono guardando al futuro con innovazione, ricerca e utilizzando un approccio nuovo e sostenibile.