(Adnkronos) – “Entro il 2030, la domanda globale di alluminio aumenterà di quasi il 40% passando dalle attuali 86,2 Mt a 119,5 Mt. E tale crescita sarà in buona parte trainata dalla transizione ecologica. Ad esempio, nel settore automobilistico e più in generale nei trasporti, l’ormai inarrestabile processo di elettrificazione comporterà un crescente impiego di componenti in alluminio. Di pari passo lo sviluppo del fotovoltaico (i pannelli sono costituiti per l’88% da alluminio) determineranno una domanda di alluminio aggiuntiva pari a circa 10 milioni di tonnellate annue”. Così Duccio Bianchi, studioso di politiche ambientali, presenta i risultati del recente dossier ‘Miniere Urbane’, in occasione della conferenza ‘Riciclo Alluminio: Italia leader in Europa. Rischi e opportunità nei nuovi scenari economici e normativi’, indetta da Cial-Consorzio Nazionale Imballaggi Alluminio.
Lo studio di Bianchi, consulente e ricercatore in materia di pianificazione ambientale e di gestione dei rifiuti, sottolinea inoltre che in Europa ben il 79% dell’alluminio post-consumo è riciclato (era il 65% del 2005) e che gli scarti pre-consumo hanno un tasso di riciclo poco meno che totalitario. Ma – stando ai risultati dello studio – un incremento a livello globale di alluminio da riciclo è comunque fortemente auspicabile. Anche per motivi ambientali dal momento che la produzione di alluminio primario ha un importante impatto ambientale: a fronte di emissioni di CO2 pari a 0,5 t per ogni tonnellata di alluminio secondario, la media mondiale della produzione primaria è di circa 17 t di CO2 (ovvero 34 volte quella dell’alluminio secondaria).
Il nostro Paese è il primo produttore europeo di alluminio riciclato, sia per quantità di produzione sia in termini di rottame impiegato. Nel 2021 la produzione nazionale di alluminio secondario ha raggiunto i massimi storici, raggiungendo quota 954mila tonnellate. Ma la strada è ancora migliorabile: incrementando la massa complessiva del materiale raccolto e riducendo le ‘perdite di materiale’. Conti alla mano, lo studio evidenzia infatti che, a fronte di una potenziale presenza di circa 167mila tonnellate di alluminio nei rifiuti urbani, vi è una ‘perdita’ di alluminio, apparentemente non riciclato o recuperato, di circa 65mila tonnellate, poco meno del 40% del totale. È soprattutto sul versante ‘rifiuti ingombranti’ che esistono i maggiori spazi di miglioramento. “Basti pensare che dalla gestione dei rifiuti ingombranti, cui affluiscono circa 60mila tonnellate di alluminio, si recuperano oggi meno di 1.500 tonnellate di alluminio a causa dell’assenza (o della impropria gestione) dei dispositivi di cattura dei metalli non ferrosi”, conclude Duccio Bianchi.