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Sofia, la bambina di Kiev torna a camminare

(Adnkronos) - Sofia torna a camminare. A soli 13 anni, la ragazzina era arrivata da Kiev al San Raffaele di Roma a fine marzo in condizioni davvero critiche, vittima di uno scontro a fuoco provocato da un attacco russo in cui hanno perso la vita i suoi genitori, Anton Kudrin e Svetlana Zapadynskaya, la sorella…

(Adnkronos) – Sofia torna a camminare. A soli 13 anni, la ragazzina era arrivata da Kiev al San Raffaele di Roma a fine marzo in condizioni davvero critiche, vittima di uno scontro a fuoco provocato da un attacco russo in cui hanno perso la vita i suoi genitori, Anton Kudrin e Svetlana Zapadynskaya, la sorella Polina di 10 anni, mentre il fratellino Semyon, di appena 5 anni, ha perso la vita all’Okhmatdyt Children’s Hospital dove era stato portato insieme con Sofia per le ferite riportate nell’attacco. Semyon avrebbe compiuto 6 anni il 3 giugno.  

Anche per Sofia la speranza era appesa a un filo, ma grazie alle cure ricevute al San Raffaele di Roma ce l’ha fatta e ora, a tre mesi da quel tragico incidente in cui ha perso tutta la sua famiglia, Sofia torna a camminare. “Siamo qui ormai da tre mesi, tre mesi in cui abbiamo raggiunto grandi risultati: Sofia ha iniziato prima a muovere una mano, le dita, una gamba, poi a tenere il cucchiaio. Prima, per farla salire sulla sedia a rotelle ci volevano tre persone, ora riesce a farlo da sola e ha iniziato a camminare. Tutto questo grazie ai medici dell’ospedale e ai volontari che ci hanno portato in questo bellissimo Paese e e hanno salvato la vita”, racconta all’AdnKronos la nonna di Sofia, Svitlana Levkova. 

La bambina è arrivata all’Irccs San Raffaele la notte del 4 marzo, dopo un lungo viaggio in ambulanza, accompagnata proprio dalla nonna, l’unico membro della famiglia che le resta.  

Il primo bollettino sanitario di Sofia era a dir poco allarmante: la piccola paziente “presenta una tetra paresi, prevalente a destra, esito di ferite da arma da fuoco (le principali in sede cervicale e cranica)”, si legge nel documento. Un documento che testimonia anche la rete di solidarietà degli ucraini a Roma che hanno aiutato la struttura sanitaria anche a comunicare con Sofia e con sua nonna, consentendo al personale medico di effettuare le necessarie terapie e di ascoltare i bisogni, materiali e psicologici, della ragazzina. 

E ora “Sofia ha iniziato a camminare senza bastone – dice la nonna della ragazzina – i medici qui hanno dato il massimo. Un mese fa ha iniziato ad alzarsi dal letto, a fare i primi passi e questo ci aveva fatto ben sperare. Siamo davvero felici, ogni medico e ogni infermiere qui gioisce per i progressi di Sofia che sta già iniziando a disegnare con la mano sinistra e inizia a riprendersi anche la mano destra”. Non è ancora possibile prevedere quanto ancora Sofia dovrà rimanere in ospedale e quanto durerà ancora il percorso di riabilitazione che sta seguendo, “resteremo finché sarà necessario, finché i medici non decideranno di dimetterla”. 

E non appena Sofia si sarà ripresa, dice Svitlana, “vogliamo tornare a casa”, a Kiev. “Vogliamo stare con il nostro popolo e ancora di più vogliamo che finisca questa guerra” dice la nonna di Sofia, che è di madre russa e padre ucraino e che quando parla di questa guerra usa l’aggettivo “assurda”. Ma per il momento lo scopo principale è la guarigione di Sofia, ma quando questo avverrà la riporterò a casa dove sono i suoi amici”. La prima cosa che vuole fare con sua nipote tornate in Ucraina è di riprendere la scuola: “a Sofia mancano moltissimo i suoi compagni di classe e mi ha detto che non avrebbe mai pensato che la scuola potesse mancarle così tanto”. 

Sofia dovrà fare i conti anche con quello che è accaduto alla sua famiglia: “è una bambina molto intelligente, all’inizio abbiamo fatto un patto: non avremmo parlato di tutto questo finché fosse stata troppo debole. Inizialmente piangeva molto, anche per i dolori. Poi ovviamente abbiamo dovuto affrontare l’argomento, anche perché lei non ricordava nulla” né dell’incidente né dei due interventi chirurgici subiti nell’ospedale pediatrico in Ucraina la cui terapia intensiva si trovava nel seminterrato, in una Kiev sotto i bombardamenti.  

Ma, aggiunge Svitlana, “i dottori ci hanno dato la forza, sono convinti che anche attraverso tanto dolore Sofia riuscirà a riprendersi e ora lei sta meglio di umore, parla con i suoi compagni di classe, utilizza il cellulare, disegna e lo fa molto bene. Quindi tutti speriamo che si riprenda completamente e presto. Sono davvero molto grata all’ospedale di San Raffaele e ai volontari che ci hanno portate qui dove abbiamo ricevuto tantissimo amore e attenzione. L’Italia è un Paese bellissimo, di persone bellissime. Ci mancherà l’Italia, questo Paese bellissimo e queste persone che ci hanno donato così tanto”, conclude la nonna della piccola Sofia, la voce rotta dalle lacrime. 

di Stefania Marignetti 

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