Uno dei principali punti della riforma Cartabia è la possibilità per i coniugi di chiedere nei ricorsi giudiziali contestualmente sentenza di separazione e divorzio. Che significa? Che, se inizia il procedimento di separazione giudiziale ed è stata avanzata nello stesso processo già con il primo atto introduttivo anche la richiesta di divorzio, decorsi i termini di legge, ovvero un anno dalla prima udienza, le parti possono ottenere con la stessa sentenza che definisce il processo la pronuncia tanto della separazione tanto del divorzio.
Questo ovviamente ha come presupposto che il processo sia ancora in corso nel lasso temporale necessario per chiedere il divorzio. Spesso la precedente disciplina comportava la contemporanea presenza di giudizi paralleli. Perché, al giudizio di separazione che andava avanti solo sulle questioni patrimoniali in quanto le parti già avevano ottenuto lo status di separato con una sentenza detta parziale, si affiancava un nuovo processo, con diverso ruolo e spesso giudice, quello di divorzio.
Il procedimento di separazione diventava un ramo secco perché svuotato di utilità perché nel giudizio di divorzio si poteva rimettere in discussione il tutto. Non di rado i provvedimenti presidenziali del novello processo di divorzio modificavano stravolgendoli quelli temporanei della separazione ancora in corso. A questo la riforma Cartabia ha posto rimedio. Il problema che è nato con la riforma è rappresentato dal quesito se sia possibile proporre contestualmente alla richiesta di separazione e di divorzio anche nelle procedure consensuali. Sul punto la Cartabia nulla dice. Su questo punto si sono spaccati i nostri tribunali. La maggior parte di loro riteneva che la domanda dovesse avere una risposta negativa.
Come può fare il tribunale ad omologare un ricorso per separazione consensuale e poi contestualmente fare il divorzio, che necessita di un intervallo di sei mesi dalla udienza? E se nei sei mesi cambiano le condizioni come può vincolarsi agli accordi presi tanto tempo prima un coniuge? Quindi alcuni tribunali ritenevano si potesse fare altri no. Quelli favorevoli alla fattibilità ritenevano di dovere procedere in questo modo: emettere la sentenza di separazione consensuale e poi rinviare le parti a sei mesi per una conferma della loro volontà di divorziare e quindi poi emettere sentenza di divorzio alle condizioni concordate sei mesi prima. Nell’ambito di questa spaccatura tra i tribunali è intervenuta una decisione da parte della Corte di Cassazione.
Il tribunale di Treviso ha sollevato la questione pregiudiziale rimettendola alla Cassazione in quanto era stato richiesto con ricorso consensuale dai due coniugi la pronunzia di separazione contestualmente a quella di divorzio la Cassazione con ordinanza del 16/10/2023 (n.4311) ha sciolto la questione scrivendo il seguente principio di diritto: “in tema di crisi familiare è ammissibile il ricorso congiunto con il cumulo di richiesta di separazione personale e cessazione o scioglimento degli effetti civili del matrimonio”. Economia processuale e scopo deflattivo del conflitto alla base di tale ordinanza. Aggiungerei anche minori costi rispetto a due procedimenti distinti. I tribunali quindi dovranno riorganizzarsi.
Cinzia Petitti – Avvocata e direttora di Diritto&Famiglia.it