(Adnkronos) – Riformare la giustizia e limitare la custodia cautelare che può trasformarsi in “tortura” per “estorcere un’ammissione di colpevolezza”. Raffaele Sollecito, imputato nella morte di Meredith Kercher, la studentessa uccisa a Perugia la sera dell’1 novembre 2007, non ha dubbi sull’utilità di votare, domenica 12 giugno, per il referendum sulla giustizia. Condannato a 25 anni per concorso in omicidio con Amanda Knox, assolto, di nuovo condannato per poi essere definitivamente assolto “per non aver commesso il fatto” dalla Corte di Cassazione nel 2014, Sollecito ha trascorso 4 anni in carcere prima di vedere riconosciuta la propria innocenza. Sette anni per un complesso e articolato iter giudiziario di cui continua a pagare il costo psicologico, sociale ed economico.
“Andrò a votare – annuncia in un’intervista all’Adnkronos -. Il tema è complesso, ma in Italia la politica non è mai stata capace autonomamente di riformare la giustizia: nessun governo non ci è mai riuscito. I problemi sono tanti e i cittadini sono consapevoli che il ‘sistema giustizia’ non garantisce i loro diritti”, spiega Sollecito, 38 anni, che oggi lavora a Milano come ingegnere informatico.
Aveva 23 anni quando è finito dietro le sbarre, tirato in ballo da Rudy Guede, condannato in rito abbreviato a 16 anni di reclusione, in concorso, per l’omicidio della studentessa inglese. “Purtroppo, della custodia cautelare si abusa da tantissimi anni in questo Paese. Molto spesso la reiterazione è solo una scusa, perché di fatto l’accusato non è stato ancora condannato, quindi si inficia già la presunzione di innocenza”, spiega all’Adnkronos in riferimento a uno dei quesiti che riguarda la custodia cautelare e che ha come obiettivo quello di mantenere il carcere preventivo solo per il pericolo di fuga o l’inquinamento delle prove, non più per il rischio di reiterare il reato. “Bisogna limitare la custodia cautelare al massimo, perché – conclude Raffaele Sollecito – diventa uno strumento coercitivo di tortura in assenza di prove, per estorcere un’ammissione di colpevolezza”.