Due uomini di 35 e 40 anni sono stati arrestati a Cellamare con l’accusa di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso commessa ai danni del sindaco e di un assessore.
Gli arresti sono arrivati a conclusione delle indagini, coordinate dalla Procura distrettuale antimafia di Bari e condotte dai carabinieri di Triggiano, che hanno permesso di raccogliere indizi sui due che avrebbero tentato di “costringere” il sindaco e l’assessore ad affidare la gestione dei campi di calcetto di Cellamare a una società a loro vicina.
Almeno tre gli episodi ricostruiti dagli inquirenti e culminati con l’aggressione fisica, nel settembre 2019, da parte del 40enne ai danni dell’assessore reo, a suo dire, di non aver mantenuto “le promesse fatte in campagna elettorale”, come scrivono gli inquirenti in una nota.
In un’altra occasione, il sindaco, è stato avvicinato dal 35enne cellamarese, poi risultato il mandante di tutti gli episodi, che riteneva i campi di calcio «roba mia, nessuno deve mettere le mani e i campi devono andare a me».
L’ultimo episodio, avvenuto alla fine di gennaio 2020, è stato l’incendio che distrusse l’auto della moglie dell’assessore. Il mezzo era parcheggiato nei pressi degli spogliatoi del campo di calcetto che si trova in via Olimpia.
Gli arrestati sono stati condotti in carcere a Trani e sono accusati di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso realizzata in danno di un pubblico ufficiale, incendio in concorso e porto abusivo di esplosivi in luogo pubblico.
Il sindaco: «Cellamare non si piega»
«Cellamare non si piega, l’abbiamo detto quattro anni fa con una manifestazione e lo ribadiamo ancora oggi. La giustizia farà il suo corso e quindi non ho commenti da fare sulle indagini. Quello che posso dire è che questa amministrazione continuerà a lavorare e a rappresentare i cittadini cellamaresi mantenendo la barra dritta su legalità e trasparenza nell’azione amministrativa». È il commento di Gianluca Vurchio, sindaco di Cellamare, in merito all’operazione dei carabinieri che questa mattina ha portato agli arresti del 35enne Paolo Giannini e del cugino Gennaro Monopoli di 40 anni.
I due sono considerati vicini al clan Capriati di Bari. Giannini e Monopoli, secondo gli inquirenti, avrebbero minacciato sindaco e l’assessore all’Edilizia residenziale pubblica, Nicola Digioia, per ottenere la gestione di un centro sportivo comunale (“I campi di calcio sono roba mia e nessuno deve mettere le mani”, avrebbe detto Giannini a Vurchio) e, successivamente, avrebbero fatto esplodere una bomba carta all’esterno degli spogliatoi del centro e dato alle fiamme l’auto della moglie di Digioia.
A settembre 2019 l’assessore denunciò di essere stato minacciato e schiaffeggiato da Monopoli, perché, nei giorni precedenti, si sarebbe rifiutato di ricevere la madre dell’aggressore negli uffici del Comune. A dicembre, invece, il sindaco presentò denuncia per una lettera minatoria a lui arrivata: «Ti consigliamo di non fare tanto il rispettoso della legalità – era scritto nel messaggio -. Hai capito male su come funzionano le cose a Cellamare, non puoi comandare tu. Sindaco avvisato, mezzo salvato».
L’esplosione della bomba carta e il rogo dell’auto sarebbero poi avvenuti nei giorni successivi, ma atti intimidatori nei confronti del sindaco sarebbero andati avanti fino a dicembre 2023.
La gip Paola Angela De Santis, che ha firmato l’ordinanza, ha rilevato «l’assenza di freni inibitori» in Giannini e Monopoli e la «peculiare disinvoltura delinquenziale». Con loro sono indagate altre due persone non sottoposte a misura.