Hanno incrociato le braccia per protestare contro le norme sulle pensioni inserite nella legge di bilancio, a loro dire penalizzanti, e il definanziamento della sanità pubblica. Lo sciopero di medici del pronto soccorso, anestesisti, rianimatori e personale del 118 – cui si sono aggiunti veterinari, radiologi e parte dei dirigenti sanitari – ha portato al blocco delle sale operatorie in diversi ospedali pugliesi e al rinvio degli interventi chirurgici non urgenti. Adesione tra il 75 e l’80%, secondo i vertici dell’Aaroi-Emac, il sindacato degli anestesisti rianimatori ospedalieri italiani.
Lo sciopero dei medici dell’emergenza-urgenza, dunque, fatto sentire i suoi effetti soprattutto nel capoluogo e a Taranto. «Al “Di Venere” di Bari sono stati rinviati gli interventi chirurgici di elezione e diverse operazioni sono saltate anche nel Policlinico del capoluogo e nell’ospedale di Taranto – riferisce Antonio Amendola, presidente pugliese dell’Aaroi-Emac – In ogni caso, però, abbiamo fatto in modo che si svolgessero regolarmente gli interventi per pazienti fragili e oncologici oltre quelli urgenti».
Ma perché gli anestesisti hanno scioperato? Il primo motivo risiede nelle norme sulle pensioni che il governo Meloni ha inserito nella legge di bilancio in discussione in Parlamento. «Stiamo assistendo a una operazione banditesca che stravolge e ovviamente peggiora la disciplina della materia previdenziale – aggiunge Amendola – Con le nuove norme, chi ha riscattato la laurea o la specializzazione sarà penalizzato o vedrà addirittura annullati gli effetti delle somme versate nel corso del tempo. E penalizzati saranno anche i medici che andranno in pensione prima di aver maturato i requisiti della vecchiaia. Quanto ai giovani, non si sa quando riusciranno ad andare in pensione e, in ogni caso, incasseranno un assegno di gran lunga inferiore ai contributi versati durante la carriera».
I camici bianchi hanno incrociato le braccia anche per contestare il definanziamento del Servizio sanitario nazionale che il governo Meloni ritiene invece di aver rafforzato, incrementandone la dotazione da 115 a 136 miliardi di euro. «Quella cifra – attacca Amendola – non corrisponde all’aumento del tasso di inflazione. Significa che con quei soldi non si riusciranno a garantire le prestazioni attuali, a fronte di una richiesta di assistenza in continua crescita. Di questo passo, i pazienti dovranno rivolgersi ai privati o spendere cifre esorbitanti o addirittura rinunciare alle cure, cosa che avviene sempre più spesso anche in Puglia. Questo significa smantellare la sanità pubblica a beneficio di quella privata».
In campo anche la Cisl medici col segretario generale Vincenzo Piccialli: «Abbiamo scioperato per denunciare il definanziamento della sanità pubblica, che questo governo sta attuando al pari dei precedenti, e la deriva privatistica del settore. Vogliamo lottare per noi e i pazienti, per migliorare la sanità pubblica che la politica di fatto sta affossando».