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Plusvalenze Juve, alla giustizia sportiva servono regole e mezzi che non ci sono

(Adnkronos) - Il giudizio espresso sulla Juventus per il caso plusvalenze è opinabile, frettoloso, esagerato. No, al contrario, è solo l'inizio della giusta punizione che arriverà a sanzionare una gestione dissennata. La sentenza emessa dalla Corte d'appello federale, con la penalizzazione immediata di 15 punti in classifica per la squadra guidata da Allegri, divide in…

(Adnkronos) – Il giudizio espresso sulla Juventus per il caso plusvalenze è opinabile, frettoloso, esagerato. No, al contrario, è solo l’inizio della giusta punizione che arriverà a sanzionare una gestione dissennata. La sentenza emessa dalla Corte d’appello federale, con la penalizzazione immediata di 15 punti in classifica per la squadra guidata da Allegri, divide in base alla sensibilità personale e al livello di garantismo che si vuole esprimere ma anche in base al senso di appartenenza, al coinvolgimento tifoso di chiunque scriva, parli o solo pensi al calcio.  

C’è intorno alla giustizia sportiva l’eterno sospetto del complotto, della manipolazione, dell’aggiustamento arbitrario. In un senso o nell’altro. Di fronte al dispositivo di una sentenza, in attesa delle motivazioni, le reazioni sono quasi tutte polarizzate. La Juve è innocente, per partito preso; la Juve deve scomparire, per partito preso. In mezzo, dovrebbe esserci la giustizia. In questo caso, quella sportiva, che dovrebbe fare il suo corso attraverso tutti i gradi di giudizio ed esprimersi sui fatti, sulle prove, e in base alle regole.  

I fatti vanno accertati fino in fondo, le prove sono quelle che emergono dal lavoro fatto dalla Procura di Torino con l’inchiesta Prisma, che ha portato alla richiesta di rinvio a giudizio di Andrea Agnelli e altri 11 dirigenti e che si fonda soprattutto sul contenuto delle intercettazioni che descrivono il modo di operare dei vertici della Juventus. La giustizia sportiva, che non ha i mezzi che dovrebbe avere, si muove di conseguenza. Il Procuratore federale ha ritenuto che nelle carte della Procura di Torino vi fossero nuovi e probanti elementi, tali da rendere quindi fondata la richiesta di revocazione parziale della decisione presa dalla corte federale d’appello lo scorso maggio, quando furono tutti prosciolti. E si è arrivati alla sentenza di ieri.  

Restano le regole. Si parla di plusvalenze, in questa fase, perché poi si dovrà parlare anche delle manovre sugli stipendi e delle fatture per gli agenti. Bene, anzi male, non è per niente chiaro se il problema siano le plusvalenze, che fanno tutti o quasi e che andrebbero quindi regolamentate in un altro modo, o l’utilizzo che delle plusvalenze è stato fatto soltanto in casa Juve. Il dato che emerge è che alla giustizia sportiva servono regole che non ci sono, oltre ai mezzi che non ha.  

Il garantismo si deve tenere in equilibrio con il rispetto della giustizia. Ovunque, e anche nel calcio. La sentenza c’è e con la sentenza, la penalizzazione di 15 punti per la Juventus e tutto il resto, è inevitabile fare i conti. Ma nell’interesse di tutti, a partire dai tifosi che oggi gridano allo scandalo e di quelli che vorrebbero vedere la Juventus scomparire, la giustizia sportiva va messa nelle condizioni di fare il proprio lavoro con i tempi, i mezzi e le regole che il calcio merita. Perché la tentazione di ridurlo solo al pallone, a un gioco che si può amministrare con una giustizia che funziona a singhiozzo, ignorando che è un sistema che muove miliardi di euro, è il modo migliore per condannarlo all’estinzione. (Di Fabio Insenga)  

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