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‘Personae’, l’enigma delle maschere di Bruno Pellegrino all’Adi Design Museum

(Adnkronos) - Sessantatré sculture bidimensionali in ferro dipinto e sei grandi maschere monocrome, che raffigurano volti dotati di una forte intensità espressiva. Sguardi riflessivi, silenziosi, profondi. E poi una proiezione di fasci led che creano e illuminano immagini nuove. Il tutto immerso in un'atmosfera multisensoriale e coinvolgente. E' un percorso di pensieri ed emozioni quello…

(Adnkronos) – Sessantatré sculture bidimensionali in ferro dipinto e sei grandi maschere monocrome, che raffigurano volti dotati di una forte intensità espressiva. Sguardi riflessivi, silenziosi, profondi. E poi una proiezione di fasci led che creano e illuminano immagini nuove. Il tutto immerso in un’atmosfera multisensoriale e coinvolgente. E’ un percorso di pensieri ed emozioni quello creato da Bruno Pellegrino. Politico, giornalista, artista nato nel ’46 in Campania, ma cresciuto nelle terre milanesi. “Personae” è un’installazione affollata. E sarà presente negli spazi espositivi dell’Adi Design Museum di Milano, tra i capolavori italiani vincitori del Compasso d’Oro, da oggi fino al prossimo 21 dicembre 2023. 

“Sono volti immaginari, molto forzati cromaticamente e molto diversi l’uno dall’altro”, spiega l’artista all’Adnkronos. Il titolo dell’installazione, ‘Personae’, racchiude in sé un termine enigmatico. Secondo l’etimologia, deriva dal latino persōna che significa maschera. Ed era quella la definizione esclusiva. Ma ‘persona’ ha assunto col tempo un significato nuovo, complici anche il diritto romano e il cristianesimo. ‘Persona’ è ora l’individuo della specie umana, senza nessuna distinzione di sesso, età o condizione sociale, considerato sia come elemento a sé stante sia come parte di un gruppo o di una collettività. Pellegrino torna così a scandagliare uno dei temi che più sente vicino e che maggiormente sollecitano la sua ricerca artistica, quella intorno all’umano nella modernità. Ed ecco, allora, che tornano gli echi dell’individualità e della diversità, della solitudine e della collettività. L’artista si interroga anche sulla relazione tra realtà e rappresentazione, tra la sintesi delle forme e l’astrazione del colore. 

La sua installazione di sculture nasce da una riflessione intorno all’opera magistrale di Giuseppe Pellizza da Volpedo ‘Il Quarto Stato’ del 1901, oggi esposto alla Galleria d’Arte Moderna di Milano. Lì insiste La forza di individui e di una comunità in cammino – come dicono, una “fiumana” dinamica – in cerca di un nuovo futuro di emancipazione, di diritti e di libertà. “Il Quarto Stato” è capolavoro della corrente sociale, divenuto nei decenni il simbolo plastico della questione e della lotta operaia. “Il mio è un tentativo di richiamare quell’opera, a centovent’anni di distanza. Per ragionare su quanto profondo sia il cambiamento della nostra società, su come si sia passati da un mondo molto spesso anonimo, ma giocato sulla forza delle masse”, spiega Pellegrino. Oggi quelle masse sono diventate tante storie individuali. “Sono tante persone che si pongono problemi, che si interrogano, che cercano un futuro possibile in una forma tutta da immaginare, tutta nuova. I temi della globalizzazione, del reticolo elettronico planetario e della medicina hanno prodotto dei cambiamenti così radicali che non possono non essere al centro dei nostri pensieri”.  

Pellegrino ha scelto di usare il ferro per le sue sculture. Non la plastica, più semplice da modellare. Non il legno, più facile da intagliare. Ma il materiale più aspro, difficile, duro. “L’ho scelto proprio per questo. Perché cerco di addomesticarlo, ingentilendolo con la poesia e con la pittura”. (di Marco Di Vincenzo) 

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