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Perché conviene avere un “trust”

È abbastanza sentita dai contribuenti l’esigenza di spersonalizzare il proprio patrimonio o per blindarlo e metterlo al riparo da eventi che ne possano pregiudicare l’integrità oppure per destinarlo a plurime finalità. Uno strumento efficace è il trust, il quale, come ribadito in giurisprudenza, può rispondere a finalità eterogenee: di garanzia; di liquidazione e pagamento; di…

È abbastanza sentita dai contribuenti l’esigenza di spersonalizzare il proprio patrimonio o per blindarlo e metterlo al riparo da eventi che ne possano pregiudicare l’integrità oppure per destinarlo a plurime finalità. Uno strumento efficace è il trust, il quale, come ribadito in giurisprudenza, può rispondere a finalità eterogenee: di garanzia; di liquidazione e pagamento; di realizzazione di un’opera pubblica; di solidarietà sociale; di realizzazione di interessi meritevoli di tutela a favore di persone disabili, pubbliche amministrazioni o altri soggetti); può essere costituito per atto tra vivi oppure per testamento, con efficacia dopo la morte del disponente; ovvero a seconda delle prescelte modalità di individuazione del beneficiario (al momento della istituzione o in un momento successivo; da parte del disponente o dello stesso trustee, cioè colui al quale è affidato l’amministrazione del trust; con possibilità di revoca o meno); ovvero, ancora, a seconda che il trustee ed il beneficiario vengano individuati in soggetti terzi oppure nello stesso disponente (c.d. trust autodichiarato).

Il trust si risolve in un vincolo di segregazione fiduciario in cui un soggetto, disponente, trasferisce ad un altro soggetto, chiamato trustee, beni affinché li gestisca coerentemente con quanto previsto nell’atto unilaterale istitutivo del trust. Qui l’attribuzione in favore del trustee è transitoria, intermedia non definitiva essendo strumentale alla realizzazione del programma previsto nel trust e non ha contenuto patrimoniale, nel senso che non attua il trasferimento dei beni. La sua tassazione ai fini dell’imposta di donazione è differita alla devoluzione finale del patrimonio vincolato in favore dei beneficiari previsti in atto. La novità del momento è data dall’apertura che l’Agenzia delle Entrate ha operato, a partire dall’11 agosto 2021 e fino al settembre 2021, di una consultazione pubblica sulla bozza di circolare che inaugurerà la formale detassazione, sulla spinta dell’indirizzo interpretativo della Suprema Corte di Cassazione. Infatti, occorre avere riguardo non ad un’indeterminata utilità economica della quale il contribuente dispone, ma all’effettivo incremento patrimoniale del beneficiario che si realizza nel momento finale in cui i beni passeranno dal gestore (trustee) al beneficiario contemplato nell’atto istitutivo del trust. La Circolare sarà incentrata sull’applicazione del decreto legge n. 124/2019, che ha modificato la disciplina sulle attribuzioni a soggetti residenti in Italia, a provenienti da trust stabiliti in giurisdizioni che si considerano a fiscalità privilegiata (paesi con i quali, tra l’altro, non ci sono scambi di informazioni tra le rispettive amministrazioni fiscali). La finalità di questa recente disposizione è di dare certezza alle regole impositive relative alle attribuzioni da parte dei cosiddetti trust opachi, vale a dire di quei trust senza beneficiari di reddito individuati, per evitare che la residenza fiscale del trust in un Paese a fiscalità privilegiata comporti una detassazione dei redditi attribuiti a cittadini italiani.Vediamo quali sono i benefici fiscali derivanti dall’istituzione di un trust, perché conviene “mettere i beni” in un trust, al di là di evitare l’aggressione dei creditori secondo la vulgata.
Imposizione indiretta
Secondo l’ormai pacifico orientamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione, contrastante con l’indirizzo dell’Agenzia delle Entrate:- l’imposta sulle successioni e donazioni, prevista dal D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, (conv. con modif. dalla L. n. 286 del 2006), così come le imposte ipotecarie e catastali in misura proporzionale, saranno dovute non al momento della costituzione dell’atto istitutivo o di dotazione patrimoniale, fiscalmente neutri in quanto meramente attuativi degli scopi di segregazione ed apposizione del vincolo, bensì in seguito all’eventuale trasferimento finale del bene al beneficiario, in quanto solo quest’ultimo costituisce un effettivo indice di ricchezza ai sensi dell’art. 53 Cost.- l’utilità per il disponente della separazione del patrimonio non concreta, di per sè, alcun effettivo e definitivo incremento patrimoniale in capo al disponente e nemmeno al trustee, bensì soltanto – “se” e “quando” il trust abbia compimento – in capo al beneficiario finale.
Imposizione diretta
Nel trust con soggetti beneficiari individuati il reddito è imputato per trasparenza ai beneficiari, nel senso che è tassato in capo a loro direttamente come fosse un reddito di capitale, oggi con l’aliquota del 26%, ai fini Irpef.Ai fini delle imposte sui redditi, il decreto legge n. 124 del 2019 ha introdotto una presunzione relativa sulla tassazione delle attribuzioni a soggetti residenti in Italia provenienti da trust cosiddetti opachi (cioè senza l’individuazione del beneficiario) stabiliti in territori che si considerano a fiscalità privilegiata per evitare che la residenza fiscale di un trust in un Paese a fiscalità privilegiata (ad esempio Bahamas o isole Maldive) comporti una detassazione dei redditi attribuiti a soggetti residenti italiani. I trust opachi pagano l’IRES. In definitiva, dunque, l’istituto del trust si rivela favorevole fiscalmente e non può essere considerato, secondo una falsa vulgata, uno strumento per evadere il Fisco, dal momento che è lo stesso legislatore fiscale che lo incentiva dettando le regole opportune. Avv. Fabio Ciani Tributarista

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