Cadono giù le casermette. È iniziato il lavoro inarrestabile e “misterioso” degli operai per demolire i primi 11 edifici che costituivano le ex caserme Capozzi e Milano nel quartiere Carrassi. Ieri colonne di polvere si sono levate da un cantiere sempre più blindato. A far notare l’inizio dei lavori, e contattare gli ambientalisti, alcuni cittadini, che abitano in palazzi limitrofi a dove sorgerà il parco della Giustizia. Gli ambientalisti stavano presidiando l’area giornalmente, anche se tutte le feritoie e le possibilità di guardarci dentro sono state inibite, per controllare proprio lo stato dei lavori che, fino a qualche giorno fa, erano ancora in fase di preparazione. «Quando ci hanno avvisato – fa sapere Donato Cippone, referente di Fare Verde e Onda Verde – siamo andati sul luogo del cantiere e abbiamo notato polvere. Essendo blindato, siamo riusciti a trovare un varco e ci siamo resi conto che effettivamente la demolizione era iniziata. Questo nonostante le nostre continue richieste di far controllare l’area da esperti».
La proposta degli ambientalisti non ha infatti avuto ancora alcun esito. Il 30 maggio, l’avvocato Fabrizio Lofoco, che li rappresenta, ha protocollato, via pec, la proposta di far controllare l’area del cantiere ad un gruppo di esperti, indirizzandola al Commissario straordinario Antonio Ottavio Ficchi, che ha girato la richiesta alla Stazione appaltante. «Non ci sembra così assurda – tuona Cippone – la volontà di far controllare una zona, da parte di esperti del settore, dove ci sono chiare testimonianze di presenza di animali appartenenti a specie protette, tutelate non solo da leggi nazionali ma anche europee. Ci sono chiare responsabilità civiche e penali, delle quali qualcuno dovrà rispondere».
Cresce anche la preoccupazione per la natura delle polveri che si stanno levando dalle macerie e che, come testimoniano gli stessi ambientalisti, vengono subito dissolte con l’acqua dagli addetti ai lavori. «Si tratta di costruzioni datate – spiega l’attivista – e non era assolutamente inconsueto, per l’epoca, l’uso di materiali cancerogeni come amianto ed eternit. Si è considerato questo aspetto? Si sono fatti degli studi sui materiali di cui le macerie sono composte? Come si stanno proteggendo gli stessi operai?».
Gli attivisti, e nello specifico quelli del gruppo “Fare verde”, si sono già adoperati per trovare altri modi per poter sollecitare l’intervento degli esperti, sempre con l’aiuto del legale Fabrizio Lofoco. «Bisogna assolutamente sospendere i lavori – conclude Cippone – vogliamo evitare una sicura strage di uccelli, e chiedere una controperizia sui 178 alberi ad alto fusto che dovrebbero essere abbattuti, secondo una relazione vegetazionale che noi non riconosciamo, perché basata su criteri superficiali. Vogliamo anche un’analisi per testare l’effettivo livello di radioattività dell’area, visto che si trattava di una zona militare».