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Online i video di cittadini che abbandonano rifiuti: «Violata la privacy». Il Comune di Taranto pagherà 20mila euro

È stata ridotta da 200mila a 20mila euro la multa inflitta il 28 aprile dello scorso anno dal Garante per la protezione dei dati personali al Comune di Taranto accusato di aver violato il regolamento sulla privacy. A stabilirlo è stato il giudice monocratico del tribunale civile del capoluogo ionico, Antonio Pensato. La questione oggetto…

È stata ridotta da 200mila a 20mila euro la multa inflitta il 28 aprile dello scorso anno dal Garante per la protezione dei dati personali al Comune di Taranto accusato di aver violato il regolamento sulla privacy.

A stabilirlo è stato il giudice monocratico del tribunale civile del capoluogo ionico, Antonio Pensato.

La questione oggetto di controversia è la pubblicazione sul profilo Facebook della società in house Kyma Mobilità-Amiu di alcuni video o foto che ritraevano cittadini nell’atto di abbandonare rifiuti in una zona vietata. L’azienda partecipata del Comune, che fu destinataria a sua volta di una sanzione di 150mila euro, aveva peraltro sottolineato come la finalità della pubblicazione delle immagini riprese dalle videotrappole fosse «esclusivamente finalizzata a un’azione di deterrenza e di sensibilizzazione sulla tematica dell’abbandono selvaggio di rifiuti».

Se il fine, scrive il tribunale nella sentenza pubblicata nei giorni scorsi, «era di identificare gli autori di illecito abbandono di rifiuti, risulta violato il richiamato principio laddove i filmati sono stati conservati ben oltre il tempo necessario per la individuazione dell’autore dell’illecito poiché sono stati ulteriormente utilizzati per la pubblicazione in rete internet, in due casi senza neppure l’attuazione di misure idonee ad impedire l’identificazione del soggetto, non essendo stato oscurato il volto». Tuttavia, il giudice Pensato fa rilevare che «il trattamento effettivo dei dati, cioè la messa in funzione dei sistemi di ripresa su aree pubblica, ha avuto inizio solo nel 2021. È, quindi, da ritenersi eccessiva la sanzione di 200mila euro irrogata dall’autorità resistente (il Garante per la protezione dei dati personali, ndr) che considera l’illecito come avente inizio a partire dal 2012».

Attraverso il ricorso, il Comune aveva chiesto l’annullamento della sanzione o in subordine la riduzione a 20mila euro.

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