Il gip del tribunale di Bari, Angelo Salerno, ha disposto la prosecuzione delle indagini nell’ambito della nuova inchiesta sull’omicidio di Benedetto Petrone, il 18enne militante comunista ucciso il 28 novembre del 1977 a Bari da un gruppo di giovani fascisti.
Le indagini potranno proseguire per altri sei mesi.
Il giudice, nel provvedimento, evidenzia che «il delitto per cui si procede non può considerarsi estinto per intervenuta prescrizione» e la sussistenza di alcune circostanze aggravanti.
Il gip scrive che «le modalità delle condotte, che appaiono realizzate in concorso tra Piccolo Giuseppe e i soggetti con lui presenti sul luogo del delitto, risultano caratterizzate da crudeltà contro le persone, concretizzatasi nel colpire con più fendenti la vittima, all’addome e al torace, dopo averla appositamente raggiunta in gruppo», evidenziando la «gratuità e gravità delle condotte realizzate ai danni della vittima».
Il giudice riconosce quindi l’aggravante dei «motivi abbietti» e la «sproporzione fra movente e delitto, non potendo il credo politico dei soggetti agenti consentire di ritenere proporzionata, in un ordinamento costituzionale improntato ai valori democratici e di tutela della vita, una condotta esorbitantemente violenta quale quella realizzata ai danni di Benedetto Petrone».
Finora Giuseppe Piccolo è stato riconosciuto come unico colpevole dell’omicidio. Condannato a 22 anni in primo grado, pena ridotta a 16 in appello, è morto suicida in carcere nel 1984. Il gip ora ritiene che Piccolo abbia agito «in concorso con altri soggetti da identificare» e nei confronti dei quali «indirizzare l’attività investigativa» per il reato di omicidio aggravato in concorso.