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‘Ndrangheta, infiltrazioni ad Anzio e Nettuno: Regione Lazio parte civile a processo

(Adnkronos) - La Regione Lazio si è costituita parte civile nel processo sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta ad Anzio e Nettuno che vede imputate oltre sessanta persone accusate anche di associazione a delinquere di stampo mafioso. All’udienza di oggi a piazzale Clodio il gup ha accolto anche alle richieste di costituzione di parte civile presentate dall’associazione…

(Adnkronos) – La Regione Lazio si è costituita parte civile nel processo sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta ad Anzio e Nettuno che vede imputate oltre sessanta persone accusate anche di associazione a delinquere di stampo mafioso. All’udienza di oggi a piazzale Clodio il gup ha accolto anche alle richieste di costituzione di parte civile presentate dall’associazione nazionale per la lotta contro le illegalità e le mafie ‘Antonino Caponnetto’ e dall’associazione ‘Asso Vittime-Criminalità’.  

L’inchiesta della Procura di Roma, coordinata dai procuratori aggiunti Michele Prestipino e Ilaria Calò con i pm Giovanni Musarò e Francesco Minisci, aveva portato il 17 febbraio scorso all’arresto eseguito dai carabinieri del Nucleo Investigativo della Capitale di oltre sessanta persone. Ai vertici dei due distinti gruppi criminali, distaccamenti delle ‘ndrine di Santa Cristina d’Aspromonte in provincia di Reggio Calabria e di Guardavalle in provincia di Catanzaro, c’erano Giacomo Madaffari, Bruno Gallace e Davide Perronace. 

In base a quanto emerso dalle indagini, i clan della ‘ndrangheta puntavano a ‘colonizzare’ il litorale romano, e per rafforzare il proprio potere sfruttavano la consolidata capacità di importare ingenti quantitativi di cocaina dal Sud America, per poi infiltrarsi nelle amministrazioni locali attraverso la gestione e il controllo di attività economiche nei più svariati settori, da quello ittico alla gestione e smaltimento dei rifiuti. Gli accertamenti avevano consentito di ricostruire fra l’altro l’importazione di 258 chili di cocaina avvenuta nella primavera 2018, tramite un narcotrafficante colombiano, disciolta nel carbone e poi estratta all’interno di un laboratorio allestito a sud della Capitale. La ‘ndrina aveva anche in progetto di acquistare e importare da Panama circa 500 chili di cocaina nascosti a bordo di un veliero che in origine veniva utilizzato per regate transoceaniche. L’operazione però saltò quando gli arrestati vennero a conoscenza delle indagini proprio nei loro confronti.  

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