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Mostra Venezia, la regista di ‘I figli degli altri’: E’ un messaggio politico, si è donne anche senza figli”

(Adnkronos) - 'I Figli Degli Altri' è "un progetto che contiene un’affermazione politica rispetto alla maternità, pur senza esprimere direttamente una ideologia. E' un messaggio politico: la donna può esistere anche senza figli”. Così la regista Rebecca Zlotowski presenta 'I Figli Degli Altri' (Les enfants des autres), in Concorso alla 79ma Mostra di Venezia, nel…

(Adnkronos) – ‘I Figli Degli Altri’ è “un progetto che contiene un’affermazione politica rispetto alla maternità, pur senza esprimere direttamente una ideologia. E’ un messaggio politico: la donna può esistere anche senza figli”. Così la regista Rebecca Zlotowski presenta ‘I Figli Degli Altri’ (Les enfants des autres), in Concorso alla 79ma Mostra di Venezia, nel quale affronta il travaglio affettivo di una donna quarantenne senza figli che si lega visceralmente alla figlia di quattro anni del compagno dovendone poi subire le conseguenze quando arriverà la separazione. 

“Il film è una presa di posizione secondo cui una donna può avere una sua posizione della società anche senza figli -spiega la talentuosa regista francese, classe 1980- Volevo raccontare un conflitto morale e affettivo che chi si trova in una posizione di matrigna o patrigno prova necessariamente. Mi sembrava non fosse mai stato raccontato e che se ne debba parlare”. 

La Zlotowski affonda: “È giunto il momento per una donna di rivendicare la scelta di non avere figli come scelta complessa e difficile, come è giusto considerare una scelta complessa il diritto all’aborto: mi vengono i brividi a pensare a certe scelte recenti” dice, e il riferimento sembra proprio alle polemiche scoppiate in merito alla legge sull’aborto negli Stati Uniti, che hanno avuto una grossa eco anche in Europa. “E nel momento in cui ciascuna di noi ammette la sua impotenza dispetto alla vastità della scelta che deve affrontare si sente più forte. Lo dico da francese fortunata per i diritti riconosciuti nel mio Paese, ma rivendico la complessità di certe scelte che ritengo non sia abbastanza considerata. Vorrei che fosse una scelta riconosciuta come sofferta, ma poi solare e bella”. 

Nei panni della protagonista una delle primedonne del cinema francese, Virginie Efira. “Quando ho letto la sceneggiatura di Rebecca immediatamente ho colto la descrizione del momento della vita di una donna che non avevo mai visto rappresentato sullo schermo da nessuno -dice ai giornalisti del Lido- e che corrisponde a una riflessione che ho fatto anche a livello personale, pur essendo una condizione universale”. La sceneggiatura del film, che arriverà in Italia il 22 settembre distribuito da EuroPictures apre una serie di domande senza dare necessariamente delle risposte. “Rispondeva ad una serie di domande che consono state effettivamente nella mia vita e che hanno fondato la mia esistenza”, spiega la 45enne Virginie. 

Il punto di vista maschile è espresso da Roschdy Zem, l’attore che interpreta il compagno della donna, Ali. “La mia condizione di uomo la soprattutto di attore cui è stato proposto questo personaggio ha suscitato un’emozione forte, quella di sentirmi privilegiato nel portare per la prima volta sullo schermo un tema così sentito nel 21mo secolo. È la prima volta”, spiega. “Apre la porta ad una nuova era della narrazione cinematografica, e mi sono sentito un testimone privilegiato. Si aprono le porte ad un futuro delle cinema secondo me declinato assolutamente al femminile”. 

La regista spende poi due parole sulla scelta di usare, nel ruolo del ginecologo della protagonista, il 92enne regista, produttore e montatore statunitense Frederick Wiseman. “L’ho incontrato in un ascensore anni fa proprio qui a Venezia, abbiamo cominciato a scherzare sulle nostre scarpe, le mie eleganti, le sue molto comode. ‘Sono scarpe da regista’, mi ha detto, e gli ho risposto ‘anche le mie’. Così ci siamo conosciuti”. La cineasta racconta: “Mi è venuto in mente che lui ama recitare ed è una persona con un grande senso dell’umorismo”. Il nome ha fatto il resto. “Si chiama Wise-man (uomo saggio, ndr) volevo fosse empatico e non giudicante”. 

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