Sin dall’entrata in vigore nel panorama giuridico italiano della normativa in materia di segnalazioni c.d. Whistleblowing, si è registrata una stretta connessione con il tema della responsabilità ex D.Lgs. 231/2001. Il recente D.Lgs. 24/2023, di attuazione della Direttiva dell’Unione Europea 2019/1937, ha in parte superato la relazione “obbligata” tra i due sistemi. L’istituto del Whistleblowing non è più applicabile solo agli enti dotati di un Modello Organizzativo e alle sole segnalazioni relative ad illeciti rilevanti ex D.Lgs. 231, ma per effetto della nuova normativa si estende l’obbligo di attivare un sistema per segnalare violazioni del diritto nazionale e dell’Unione Europea a tutti gli enti privati che:
- nell’ultimo anno, abbiano impiegato la media di almeno 50 lavoratori subordinati;
- rientrino nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione Europea in materia di servizi, prodotti e mercati finanziari, prevenzione del riciclaggio e finanziamento del terrorismo, sicurezza dei trasporti e tutela dell’ambiente.
Tuttavia, pur in un contesto normativo parzialmente mutato, il Modello 231 rimane lo strumento più efficace per gestire le segnalazioni Whistleblowing.
In tal senso si intende che, a prescindere dalla modalità individuata per ricevere e riscontrare le segnalazioni, modalità che, a parere di chi scrive, alla luce delle nuove e più stringenti disposizioni renderebbe opportuno quanto meno per le società di medie e grandi dimensioni l’adozione di un’idonea piattaforma informatica, sarà necessario che il Modello funga da strumento con il quale disciplinare l’assetto scelto dall’ente per gestire le segnalazioni. È divenuto ormai un dato consolidato nella giurisprudenza in materia di responsabilità 231 che la diligenza dell’ente viene misurata con l’adeguatezza dell’organizzazione a gestire e mitigare le situazioni di rischio che possano scivolare in fatti di rilevanza penale. Lo schema dell’attribuzione della responsabilità 231 avviene infatti (tra le altre cose) mediante l’analisi del Modello la cui eventuale inidoneità rappresenterebbe la cartina tornasole del deficit organizzativo. È quindi l’organizzazione dell’ente a far sì che si individuino tempestivamente i presidi volti a gestire ogni situazione che possa comportare un problema aziendale (nell’accezione più ampia prevista dalla nuova normativa del Whistleblowing). Effettivamente questa normativa non pone soltanto un tema di salvaguardia dei diritti dei lavoratori o comunque di tutti coloro che effettuano le segnalazioni, ma va vista anche quale utile possibilità per intercettare criticità e finanche fatti di reato all’interno dell’azienda con la conseguenza di creare valore per l’intera organizzazione. Quindi un Modello che possa dirsi idoneo dovrà prevedere canali di segnalazione e tutele per i segnalanti in aderenza a quanto previsto D.Lgs. 24/2023 e l’ente dovrà dare atto nel proprio Modello di aver:
- istituito canali interni per consentire segnalazioni in forma scritta, anche con modalità informatiche, oppure in forma orale, attraverso linee telefoniche, sistemi di messaggistica vocale o incontri diretti;
- affidato la gestione dei canali ad una persona o ad un ufficio interno autonomo specificamente formato o ad un soggetto esterno anch’esso formato;
- adottato una policy per regolamentare la gestione delle segnalazioni, prevedendo tempistiche di presa in carico, approfondimento e riscontro;
- diffuso informazioni chiare sul canale, sulla procedura e sui presupposti per effettuare le segnalazioni tramite i canali interni o esterni (il canale dell’Anac) o divulgazioni pubbliche;
- previsto misure di tutela per i segnalanti, consistenti nella riservatezza della loro identità e nel divieto di ritorsioni dirette e indirette nei loro confronti.
Per garantire efficacia all’intero sistema, sarà fondamentale attuare un’adeguata comunicazione esterna e formazione interna sia verso i possibili segnalanti che verso il gestore delle segnalazioni, con l’obiettivo di trasmettere l’idea che tale strumento di compliance, se diligentemente utilizzato, possa creare valore nell’ambito dei programmi di etica della legalità e di responsabilità sociale di impresa e senza dimenticare che, trattandosi di un obbligo giuridico, l’inosservanza di tale normativa potrà comportare l’applicazione di sanzioni pecuniarie da parte dell’Anac fino a € 50.000.
Carlo Ferrucci è avvocato – Studio Lcg Lecis Cannella Grassi