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Maxi emergenze e traumi, Caiaffa (Otodi) ‘servono modelli di riferimento’

(Adnkronos) - "Esplosioni, terremoti, contaminazioni e attentati sono le maxi emergenze che causano un iper afflusso di pazienti politraumatizzati negli ospedali, la cui gestione richiede un'organizzazione a livello extra e intraospedaliero, secondo una programmazione adeguata e prevista dal Peimaf (Piano emergenza interno massiccio afflusso di feriti, ndr) per limitare l'impatto negativo degli eventi catastrofici". Così…

(Adnkronos) – “Esplosioni, terremoti, contaminazioni e attentati sono le maxi emergenze che causano un iper afflusso di pazienti politraumatizzati negli ospedali, la cui gestione richiede un’organizzazione a livello extra e intraospedaliero, secondo una programmazione adeguata e prevista dal Peimaf (Piano emergenza interno massiccio afflusso di feriti, ndr) per limitare l’impatto negativo degli eventi catastrofici”. Così Vincenzo Caiaffa, presidente Otodi (Ortopedici traumatologi ospedalieri d’Italia), presentando i temi del 14.mo Trauma meeting in corso a Riccione da oggi fino al 7 ottobre, dal titolo ‘Le maxi emergenze e traumi maggiori’, di cui sono presidenti Francesco Cudoni, Sebastiano Cudoni e Giuseppe Dessì. 

Avere consapevolezza del ruolo, “conoscere dove, come e chi deve svolgere determinate azioni in situazioni emergenziali – continua Caiaffa – condiziona la gestione degli eventi imprevedibili e il loro impatto dannoso. La recente esperienza della pandemia da Covid-19 ha ben evidenziato che, oltre a far fronte alle carenze strutturali o organizzative, bisogna sviluppare e possedere modelli di riferimento in grado di affrontare in maniera efficace gli eventi al fine di limitarne l’impatto sulla popolazione e sulle attività umane, pena il verificarsi di crisi le cui conseguenze possono rivelarsi drammatiche su scala globale”. 

Il trauma maggiore, come dopo un incidente, che interessa tipicamente il bacino e l’arto inferiore (frattura di tibia e femore, escludendo quella di femore dell’anziano), “trova già una preparazione nel chirurgo traumatologico – continua il presidente Otodi – Quello che dobbiamo imparare non è a operare (su questo siamo all’avanguardia a livello internazionale ), ma a identificare il paziente che deve essere centralizzato nell’hub con tutte le specialità”, distinguendolo “da quello di più bassa complessità che non ha bisogno della neurochirurgia, del chirurgo maxillofacciale e vascolare e che può restare in standby”. 

“Dopo la tragedia del giugno 2009 (l’emergenza che si è creata in piazza San Carlo a Torino per la finale di Champions League, ndr) – ricorda Caiaffa – il ministero ha realizzato un piano di attuazione, che tutte le Regioni hanno recepito, per la gestione di eventi in cui arriva un numero di feriti superiore a quello che può essere accolto in una struttura ospedaliera. Spesso ci sono persone che arrivano a piedi e che potrebbero essere trattate nello scenario dell’evento. L’organizzazione coinvolge le realtà sanitarie, delle forze armate e dei pompieri che devono essere coordinate perché gli ospedali” possano dare le cure in base alle esigenze dei pazienti. 

L’Otodi è una società con 2.100 iscritti e si occupa anche della loro formazione. “Abbiamo in corso il Boot camp per gli specializzandi del terzo anno e, per quelli del quarto, prevediamo una settimana di formazione. Possiamo contare su una faculty eccellente”, conclude il presidente. 

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