«È una manovra che ha dovuto tener conto delle priorità e tra queste la prima era quella di sostenere i redditi medio-bassi di fronte a una inflazione che in due anni è stata del 15 per cento. Si poteva fare di più per le imprese? Con i nostri conti pubblici, promossi comunque dalle principali agenzie di rating, era molto difficile».
Salvatore Regalbuto, tesoriere dell’Ordine dei commercialisti e dei revisori contabili italiani, descrive così lo stretto percorso che ha dovuto attraversare il governo per far quadrare i conti e, allo stesso tempo, sostenere l’economia del Paese per scongiurare la recessione nel 2024. Una manovra che non poteva che essere frutto di compromessi.
Regalbuto, chi ci guadagna veramente dalla riduzione da quattro a tre delle aliquote dell’Irpef?
«Sostanzialmente si tratta di un accorpamento dei primi due scaglioni ed è questa fascia di reddito, al di sotto dei 35 mila euro, a portare a casa qualcosa in più. Non si tratta di cifre sostanziose ma è quello che oggettivamente si poteva fare senza fare saltare i conti».
Come vengono finanziate le risorse che verranno meno?
«Con un taglio delle detrazioni pari a 250 euro per i redditi sopra i 50 mila euro».
Ascoltando da una parte i sindacati e dall’altra Confindustria sembra che alla fine nessuno sia soddisfatto.
«Bisogna avere l’onestà intellettuale di considerare il punto di partenza. Il nostro è un Paese con un grosso debito pubblico che non ha grandi spazi di manovra. Il governo ha dato priorità al sostegno delle fasce medio-basse della popolazione affinché resistano a una inflazione che negli ultimi anni è stata molto significativa. Difendere il potere d’acquisto è necessario per sostenere il mercato e impedire che l’economia finisca in recessione. Lo si è fatto anche attraverso la riforma fiscale, il taglio del cuneo, e il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, a partire dalla sanità».
Ascoltata in commissione, la Corte dei Conti ha lanciato l’allarme sul welfare ed ha parlato di risposte parziali e limitate nel tempo. Perché si preferisce distribuire le poche risorse a disposizione invece di concentrarle al fine di rendere strutturale alcuni interventi, a partire proprio dal cuneo fiscale?
«Si potrebbe fare dopodiché restano le emergenze di cui parlavamo prima che non verrebbero affrontate. Si è scelto di fare un passo alla volta su tanti fronti caldi nella speranza che la produzione tenga, cresca il Pil e si possa in futuro ridistribuire di più. Le stime che vengono fatte sull’impatto della manovra sono forse un po’ sovradimensionate ma bisogna sperare che l’impatto economico sia veramente importante per poter andare nella direzione che indica la Corte dei Conti».
Le agenzie di rating stanno promuovendo il debito pubblico italiano, addirittura Moody’s ha alzato l’outlook a stabile. Il Paese è ancora nel cono di luce del Pnrr?
«Sicuramente il piano rappresenta una straordinaria occasione che dobbiamo saper cogliere e che anche a livello internazionale viene indicato come una opportunità di sviluppo e, dunque, di stabilità dei conti. Non dobbiamo dimenticare che molte di queste risorse sono a debito e, quindi, non possiamo non centrale l’obiettivo della crescita. Tante risorse sono impiegate nelle infrastrutture, soprattutto al Sud. La speranza è che liberino a loro volta le energie che fino ad oggi non è stato possibile esprimere a causa di questo deficit di competitività».
La manovra, recependo una direttiva europea, mette mano anche sulla tassazione dei redditi delle multinazionali con oltre oltre i 750 milioni di fatturato. Sarà sufficiente per far pagare finalmente le tasse ai colossi della rete?
«Bisognerà vedere la reazione a questa global minimum tax del 15 per cento, potrebbe esserci una reazione sul piano giuridico. Ciò detto è senz’altro positivo che tanto i paesi dell’Unione Europea quanto quelli Ocse abbiano deciso di intervenire mettendosi d’accordo. Intercettare le loro ricchezze non è semplice e prevede un meccanismo complesso. Di sicuro però è un buon inizio, dopodiché si potrà assestare al meglio l’intervento in funzione del risultato».