Mentre la nostra generazione (e tutte le precedenti) è nata e si è formata con modelli organizzativi rigidi, le 8 ore di lavoro, la contabilità di giorni/ore di ferie e permessi, l’ufficio e la postazione di lavoro come spazio circoscritto in cui svolgere l’attività lavorativa, il ruolo ben definito all’interno di una matrice organizzativa, le competenze verticali su specifici ambiti, la generazione Z è nata (professionalmente e scolarmente parlando) durante la Pandemia, un periodo di circa due anni in cui è emersa tutta la fragilità del nostro sistema, scoprendo invece i benefici di un nuovo sistema improntato sulla ibridazione di spazi e tempi, su un maggiore equilibrio tra vita e lavoro, su uno stile di leadership più inclusivo e dedito all’ascolto, senza alcuna ripercussione negativa sulla produttività.
Questo nuovo scenario del mondo del lavoro, che continua ancora a cambiare, ci spinge a riflettere inevitabilmente sul tema della necessità di nuove consapevolezze, sicuramente sul mercato del lavoro, così cangiante e soprattutto sulle persone, per conoscere meglio le loro aree di debolezza, i loro valori, i loro bisogni. Non possiamo far finta di non accorgerci di nulla e non possiamo pensare di tornare al fragile modello pre-pandemico.
Una nuova priorità per i giovani di oggi è la formazione trasversale, acquisire quelle competenze orizzontali, comunemente chiamate “soft skill”, che, accanto alle competenze tecniche, consentono di crescere professionalmente ma anche come persone, così da essere pronti e preparati per sfide sempre più importanti. Essi si sentono stretti nella loro postazione di lavoro, hanno bisogno di socializzare, di vivere lo spazio lavorativo in luoghi stimolanti, contaminandosi con altri professionisti. Se tutto questo ha come risultato una migliore produttività per l’azienda, perché non pensare allora a nuovi modelli organizzativi che lavorino in quella direzione?
Siamo davanti ad una grande opportunità, se non siamo bravi a coglierla, torneremo a parlare di quel triste fenomeno noto come “fuga dei cervelli”, ma soprattutto limiteremo noi stessi lo sviluppo e la crescita dei nostri territori.
Io personalmente ho una visione positiva per il prossimo futuro: vedo un domani in cui il lavoro ibrido o meglio ancora “l’ufficio diffuso” saranno la normalità, consentendo alle persone di gestire in modo flessibile spazi e tempi lavorativi, con un focus mirato sugli obiettivi e non sugli orari, in coerenza con un progetto aziendale condiviso di cui si sentano parte. Tutto questo implicherà un tessuto sociale rinato, fatto di persone felici. Pensate sia utopia? Io ci credo, ci sto già lavorando.
Mariarita Costanza
*CEO e Cofounder Everywhere
Bentornato,
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