«Non avremmo mai immaginato di arrivare dove siamo oggi, una società benefit con 70 dipendenti fra la sede di Bari e quella di Atene». A parlare è Mariella Pappalepore, barese, socia fondatrice, presidentessa del consiglio di amministrazione e chief financial officer di Planetek Italia, azienda con sede a Bari fondata nel 1994 con Giovanni Sylos Labini, Sergio Samarelli e Vincenzo Barbieri; è anche Amministratrice di Planetek Hellas e coordinatrice del Club Cultura di Confindustria. La sua impresa si occupa di aerospazio, attraverso soluzioni che semplificano l’adozione e l’utilizzo dei dati geospaziali per comprendere meglio il mondo, permettendo a persone e organizzazioni di agire in modo consapevole e tempestivo, al fine di vivere meglio e preservare la Terra. Planetek ha ricevuto il premio Welfare Champion 2020 del Welfare Index PMI e da quest’anno è membro della Copernicus Academy, il programma di osservazione della Terra dell’Unione Europea.
Mariella Pappalepore, guardando indietro a questi 28 anni di successi, cosa vede?
«Un po’ di incoscienza iniziale forse, eravamo un gruppo di giovani, ognuno con competenze diverse (geologia, ingegneria, agraria e fisica, che sono state la nostra forza) ma uniti dall’interesse per la sostenibilità e dall’intuizione che le tecnologie che stavamo conoscendo potessero avere sbocchi enormi per il futuro; vedo l’importanza per il nostro sviluppo che hanno avuto le collaborazioni con l’Università di Bari e con il Politecnico, e le politiche della Regione Puglia: l’idea dei distretti, incluso quello dell’aerospazio, sono state un volano per noi, dando visibilità al nostro settore, permettendogli di rafforzarsi e diventare un punto di riferimento del mercato».
Laureata in Scienze Geologiche, dottorato di ricerca in Telerilevamento applicato alle Scienze della Terra e specializzata al Master su Sistemi Informativi Geografici e Telerilevamento: come è arrivata ad amministrare la società?
«L’idea di Planetek è nata in treno, tornando a Bari dal master a Napoli con Sergio; in quelle 4 ore di viaggio, su una carrozza tipo Far West, presa dall’entusiasmo del percorso incredibile che stavamo facendo, gli parlai della mia idea e lui disse “l’unica cosa che mi spaventa è tutto l’aspetto burocratico, se te ne occupi tu, io ci sto”. E mi è anche piaciuto occuparmi di quegli aspetti. Poi, coinvolti gli altri due soci, Vincenzo e Giovanni, tutti mi han chiesto di mantenere il ruolo e governare la società».
Si è mai sentita a disagio come donna, non solo in azienda ma più in generale nell’ambiente?
«Non ho mai avuto difficoltà come unica socia di tre uomini, anzi; e mi fa ridere quando, magari a un convegno, succede che io sia l’unica donna e mi chiedono come mi senta a riguardo: io lo chiederei agli altri», esclama divertita, a sottolineare un sano cambiamento di prospettiva necessario, forse, in noi donne per prime e dando un esempio di leadership femminile da ricordare. «È vero che è un settore molto maschile, basta guardare i dati dei laureati in materie tecniche e scientifiche, ma è una tendenza in forte cambiamento, anche se ci vorranno tempo e generazioni perché l’evoluzione sia importante. Anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo una percentuale maschile di dipendenti ancora rilevante, ma delle ultime assunzioni molte sono donne. Noto cambiamenti anche in ruoli di rilievo, penso a chi rappresenta l’Italia nelle agenzie aerospaziali ma, certo, non bisogna abbassare la guardia».
Cosa le sta più a cuore?
«Che le nuove generazioni possano scegliere se andar via o restare, siamo orgogliosi di offrire loro un’alternativa. È importante continuare a fare la differenza anche con l’impatto sociale e ambientale, una cosa con cui siamo nati, con la percezione chiara che la tecnologia con cui ci siamo lanciati sul mercato aveva ed ha un grosso potenziale per la preservazione e la cura della Terra; cosa su cui lavoriamo molto (sia all’interno, sia all’esterno) con corsi di educazione ambientale ed eventi. Non ultimo, la cultura, il teatro, che abbiamo sempre sostenuto, convinti che il territorio sia fatto anche di questo e di opportunità di fruirne. L’esserci trasformati in società benefit, vuol dire aver formalizzato un impegno già scritto nel nostro DNA. E ritengo che sarà sempre più una scelta obbligata per stare sul mercato, non per legge, ma per l’aumento della sensibilità e della consapevolezza di chi acquista. E perché, se non facciamo attenzione, non ci sarà più un mercato, né un territorio. È una cosa su cui dobbiamo riflettere tutte e tutti».