E guerra fu. E la mente è preda di angosce che si rincorrono evocando spettri dai più mai vissuti, ma temuti e conosciuti attraverso la finzione cinematografica o racconti diretti. E dall’altro ieri sono passati cent’anni, tanto che parole come greenpass, no vax e Covid appaiono inattuali, antiche, obsolete.
Ma dove nasce la paura? Alla fine del secolo scorso il neuroscienziato americano Joseph Ledoux scopriva una nuova via neurologica della paura, che andava dal talamo all’amigdala, bypassando la corteccia cerebrale. In altre parole la paura è più veloce del pensiero. Ma cosa succede quando vediamo in tv le immagini delle bombe su Kiev? L’amigdala genera reazioni del sistema vegetativo che fanno aumentare il battito cardiaco, la pressione arteriosa, il tono muscolare. Inoltre vengono rilasciati mediatori dello stress quali adrenalina e cortisolo. Praticamente viene preparato il corpo alla reazione di “attacco e fuga”, quella che doveva consentire la sopravvivenza al nostro progenitore che abitava nelle caverne.
Ma noi non viviamo nelle caverne e nemmeno in un posto dove una guerra è in atto. E allora perché si sta cominciando a diffondere questo genere di angoscia? La paura della guerra si struttura nel bambino tra i 6 e i 12 anni ed è compresa tra quelle che vengono definite paure primarie cicliche, di cui fanno parte le epidemie, le carestie e, appunto, i conflitti bellici. Ma dal punto di vista evoluzionistico serve la paura? Assolutamente sì, anche se non è un’emozione comune a tutte le specie. Bisogna avere un sistema nervoso evoluto per riuscire a percepirla. Le amebe, per esempio, distinguono gli stimoli in positivi e negativi, ma la differenza la fa il sistema limbico e, nello specifico, come detto l’amigdala, che consente di identificare in una determinata situazione, l’emozione della paura e quindi decidere se affrontarla o scappare. Fisiologicamente, quindi, deve essere transitoria e insorgere di fronte a un evento specifico, ma può diventare ansia e connotarsi come patologica quando crea nel soggetto uno stato di malessere ed è completamente slegata da situazioni che possono apparire pericolose. Ma nella nostra società la paura è diventata “liquida”, come scrive il filosofo Zygmunt Bauman in quanto è «diffusa, sparsa, indistinta, libera, disancorata, fluttuante, priva di una causa o un indirizzo chiari; la paura che ci perseguita senza una ragione, la minaccia che dovremmo temere e che si intravede ovunque, ma non si mostra mai chiaramente».
Ma la farmacia della Natura può essere d’aiuto? Assolutamente sì. Sfogliando i repertori omeopatici troviamo un medicinale che riporta la precisa indicazione: paura della guerra. Si tratta di cuprum metallicum. Ma una strategia terapeutica efficace lo accompagnerà ad aconitum napellus se questa emozione è associata a grande ansia, agitazione, tachicardia, da gelsemium sempervirens se predomina panico paralizzante, da arsenicum album se prevale angoscia e paura della morte, da argentum nitricum se c’è ansia e timore per quello che potrà accadere, da ignatia amara, se l’ansia intensa è complicata da cambi d’umore frequenti.
Suggestiva è la visione dello psicanalista Otto Rank: in ognuno esistono due paure contrapposte: quella di vivere e quella di morire. La prima riguarda il rifiuto del cambiamento e il desiderio di non essere separati dalle proprie cose e dalle persone di riferimento e sfocerà in una personalità conformista. La paura della morte darà adito, invece, a comportamenti nevrotici. Chi è la persona psicologicamente completa? L’artista, ovvero colui che ha un approccio creativo nei confronti della vita, riconoscendo le due paure, accogliendole e minimizzandole, tanto da riuscire a realizzare la propria individualità in un contesto sociale, ottenendo riconoscimento e rispetto.