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«In tilt il mercato dell’acciaio. Prezzi pronti a impennare»

«Il 35% dell’acciaio importato dall’Europa arriva dall’Ucraina o dalla Russia. Alcuni tipi di prodotti sono difficilmente sostituibili». È uno scenario inquietante quello che evidenzia Stefano Ferrari, responsabile dell’Ufficio Studi Siderweb, specializzato nel mercato siderurgico. Ferrari, a quale situazione sta andando incontro l’Europa? «I produttori hanno bloccato le vendite d’acciaio perché non si riesce a definirne…

«Il 35% dell’acciaio importato dall’Europa arriva dall’Ucraina o dalla Russia. Alcuni tipi di prodotti sono difficilmente sostituibili». È uno scenario inquietante quello che evidenzia Stefano Ferrari, responsabile dell’Ufficio Studi Siderweb, specializzato nel mercato siderurgico.

Ferrari, a quale situazione sta andando incontro l’Europa?
«I produttori hanno bloccato le vendite d’acciaio perché non si riesce a definirne il prezzo per lo stravolgimento causato dalla guerra. Appena ripartiranno le contrattazioni ci sarà una impennata dei prezzi».
Quali prodotti costeranno di più?
«Ci saranno ripercussioni su tutta la filiera dell’acciaio. Le automobili e la meccanica soffriranno di più. Non bisogna sottovalutare anche l’aumento del costo dell’energia che già ha provato profondamente il settore».
Come si può sostituire il 35% che non è più possibile importare da Russia e Ucraina?
«È difficile dirlo perché per il preridotto e i semilavorati siamo molto dipendenti da loro. Stiamo parlando del quinto (la Russia, ndr) e del tredicesimo (l’Ucraina, ndr) produttori mondiali di acciaio».
Lo è anche l’Italia?
«Soprattutto».
Con lo stabilimento di Taranto, il più grande del vecchio continente, a pieno regime, le cose andrebbero diversamente?
«L’Italia è così dipendente dall’estero che non avrebbe risolto il problema. Certo, più si produce e meno si importa, ma il contraccolpo, visti i volumi, ci sarebbe comunque».
Poteva essere una occasione di rilancio dal punto di vista economico?
«Sicuramente. Tutto quello che in più avrebbe prodotto sarebbe stato venduto senza difficoltà».
All’ex Ilva si ipotizza la realizzazione di un forno elettrico. Quanto il mancato arrivo del preridotto russo, indispensabile per questa tecnologia, ne condizionerebbe la realizzazione?
«Un forno elettrico nello stabilimento di Taranto potrebbe avere senso solo con la realizzazione dei due impianti per produrrlo autonomamente. Il problema è che, per fare il preridotto, serve moltissimo gas e con gli attuali prezzi diventa anti-economico».
E in futuro?
«Bisognerebbe riuscire a strappare un buon prezzo calmierato ma la vedo difficile, soprattutto se non cambia il contesto internazionale».

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