Quasi al termine del 2023, la Puglia vorrebbe scrollarsi di dosso il titolo di regione italiana con più casi di violenza contro medici e operatori sanitari, conquistato lo scorso anno, a pari merito con la Sicilia (seguiti da Toscana, Campania e Piemonte), quando il Ministero della Salute – attraverso il Simes (Sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità) aveva “certificato” 20 casi di aggressione al personale medico nelle strutture sanitarie pugliesi, un aumento del 60% con il 44% delle quali per opera di un utente della struttura sanitaria.
Tra i luoghi della sanità più colpiti ci sono i centri di medicina d’urgenza – leggi Pronto soccorso – e psichiatria. Tant’è che dall’ordine dei medici di Puglia è partita la proposta, all’indirizzo dei ministri Schillaci e Piantedosi, di un inasprimento delle misure di prevenzione previste dalla legge 81 e disciplini le modalità di attuazione della legge 113/2020 per quanto riguarda la procedibilità d’ufficio.
Sulla questione era stato drastico Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici, che aveva parlato di un vero e proprio allarme e della necessità di mobilitare i prefetti per garantire l’ordine e la sicurezza nelle strutture sanitarie, sia in favore di medici e personale, ma anche dei pazienti, anche per tenere vivi i principi alla base del sistema sanitario nazionale a 45 anni dalla sua istituzione.
Per il presidente Anelli non è pensabile continuare su questa scia e bisogna intervenire per mettere ordine in situazioni fuori controllo e nei settori più a rischio, come pronti soccorso, ambulatori e specialistica territoriale, dove sono soprattutto le donne a pagare il conto più salato – circa il 70% delle aggressioni – tanto che sempre Anelli aveva invocato un intervento del presidente Emiliano per «una revisione complessiva delle sedi di guardia mettendole in sicurezza, allocandole in strutture pubbliche non isolate».
Richiesta avanzate già all’indomani della tragica morte della dottoressa Paola Labriola, ma che sono rimaste quasi completamente disattese, come per l’osservatorio regionale sulla sicurezza degli operatori della sanità̀ pugliese. Questione che non cambia se ci si sposta in Basilicata dove, dopo il virtuoso 2022, i sindacati di categoria si sono mobilitati per una serie di episodi di aggressione consumati in alcuni ospedali lucani.