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Il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia: «Abbiamo reagito alla Giustizia deviata»

«La lungimiranza nel perseguimento degli obiettivi illeciti della criminalità organizzata pugliese sembra rivolgersi anche all'amministrazione della giustizia estendendo il sistema corruttivo al “deplorevole mercimonio della funzione giurisdizionale”». È questo uno dei passaggi che segna una svolta storica rispetto ai contenuti della relazioni attraverso cui la Direzione Investigativa Antimafia tiene il punto ogni semestre. Il riferimento…

«La lungimiranza nel perseguimento degli obiettivi illeciti della criminalità organizzata pugliese sembra rivolgersi anche all’amministrazione della giustizia estendendo il sistema corruttivo al “deplorevole mercimonio della funzione giurisdizionale”». È questo uno dei passaggi che segna una svolta storica rispetto ai contenuti della relazioni attraverso cui la Direzione Investigativa Antimafia tiene il punto ogni semestre. Il riferimento chiaro è al procedimento che coinvolge l’ex gip del Tribunale di Bari Giuseppe De Benedictis e l’ex avvocato penalista barese Giancarlo Chiariello (entrambi condannati nei giorni scorsi a Lecce alla pena di 9 anni e 8 mesi di reclusione per corruzione in atti giudiziari con l’aggravante mafiosa). L’ex gip “dietro corrispettivo in denaro – ricorda la Dia – avrebbe emesso provvedimenti di scarcerazione in favore di alcuni elementi di spicco delle compagini criminali baresi e foggiane già indagati in importanti operazioni di polizia giudiziaria anche per reati aggravati dal metodo e fine mafioso”.

Con il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia siamo entrati nel merito di quanto descritto nell’analisi della Dia, ma anche sulla primaria risposta che la giustizia deve a tutte e a tutti: recuperare credibilità.
Mercimonio della giustizia, cosa prova nel leggere questo passaggio?
«Lo scoramento che provoca in tutti quelli che hanno modo di leggere questo tipo di affermazioni, ma insieme anche una nota di compiacimento per la capacità degli uffici giudiziari che hanno portato all’emersione di questi fatti gravissimi. Anche quando ci sono magistrati e avvocati implicati, si deve fare giustizia. Voglio aggiungere però, che allo sconforto si aggiunge l’incoraggiamento che emerge proprio dall’interno della magistratura e dell’istituzione giudiziaria rispetto al fatto che abbiamo gli strumenti per fronteggiare anche questa degenerazione. Sicuramente i fatti che emergono, e che sono ricostruiti da quella sentenza con una pena molto grave, turbano fortemente. Sono fatti tra i più gravi che possano accadere quando c’è l’intromissione del malaffare nelle istituzioni pubbliche, e non posso che rinnovare la fiducia, insieme al cauto ottimismo, nella capacità della giustizia di accertare i fatti e le responsabilità».
In Puglia, da Bari al Salento cresce la presenza della mafia negli affari. Come si contrastano questi interessi?
«La mafia è una organizzazione criminale che tende al profitto, e quindi allo sfruttamento economico delle attività – anche lecite – che si svolgono sul territorio. Ha una capacità inquinante del mercato, delle relazioni economiche, delle relazioni sociali ed è una delle forme più pericolose di criminalità. Quindi, tutti gli sforzi devono essere concentrati per fronteggiare questo fenomeno che in alcune zone della Puglia, particolarmente in capitanata, ha mostrato di essere particolarmente vitale. Su questo versante non è possibile abbassare la guardia».
Foggia ha un nuovo questore. Quanto è importante che gli uomini e le donne dello Stato siano presidio facendo rete?
«È fondamentale che ci sia sempre un coordinamento tra tutte le istituzioni che sono preposte, sia quelle di repressione che anche quelle di prevenzione perché parliamo di tutela degli interessi collettivi. La mafia è una organizzazione criminale, bisogna rispondere anche potenziando le forme di interazione tra istituzioni. Affinando l’organizzazione delle istituzioni pubbliche è possibile tener testa, fronteggiare e reprimere un fenomeno che ha una pervasività eccezionale. E questo innesca un meccanismo di recupero di fiducia del territorio, della popolazione che è poi la condizione primaria affinché l’azione pubblica risulti efficace. Se non si gode della fiducia della collettività, in termini di sentimento e di credibilità dell’istituzione e della sua attività, si fa molto più fatica a perseguire gli obiettivi di miglioramento della qualità della vita. Quest’ultima, mi creda passa anche attraverso una repressione dei fenomeni criminali in genere, e di questi in particolare».

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