Il Pil del Sud nel 2023 crescerà dell’1 per cento e, per quanto sia leggermente inferiore a quello del Nord (su dell’1,2 per cento) supererà comunque quello della Francia (più 0,8 per cento) e della Germania (-0,3 per cento). È quanto si evince dall’ultimo studio diffuso dalla Cgia di Mestre che evidenza numeri importanti per l’Italia e anche per il Mezzogiorno che, se da una parte non cresce quanto si vorrebbe per accorciare i divari, mostra comune segnali significativi.
Nel contesto meridionale spicca in particolar modo la Puglia che con un Pil migliore dell’1,02 per cento è seconda solo alla Sicilia (più 1,12 per cento) tra le regioni meridionali.
Crescerà un po’ di meno la Basilicata che riporterà nel 2023 comunque un incremento significativo dello 0,82 per cento. Se si prendono i valori del 2019, antecedenti dunque alla pandemia, al termine dell’anno la Puglia avrà un Pil superiore del 2,85 per cento mentre la Basilicata dello 0,68 per cento. È tutto il Paese tra il 2019 e il 2023 ad aver riportato un livello di crescita nettamente superiore a quello registrato dai principali paesi europei.
Nel 2023 a trainare la crescita del Pil sarà la Lombardia con una previsione di crescita dell’1,29 per cento. Seguono il Veneto con il più 1,24 per cento, il Trentino Alto Adige con il più 1,23 per cento, il Lazio con il più 1,18 per cento e il Piemonte-Valle d’Aosta con il più 1,17 per cento. I motivi del “riscatto” del Sud ma in generale dell’Italia, secondo la Cgia, sarebbe ascrivibile ad almeno tre fenomeni.
Il primo riguarda l’entità degli aiuti messi in campo dagli ultimi esecutivi per fronteggiare a livello nazionale la crisi pandemica e gli effetti del caro-energia. “Tra ristori, contributi a fondo perduto, cassa integrazione, bonus economici, assunzioni nella sanità, etc. – si legge nel report – tra il 2020 e il 2022 sono stati erogati almeno 180 miliardi di euro. A questi vanno aggiunti altri 91 miliardi che nel 2022-2023 sono serviti a mitigare i rincari delle bollette di luce e gas. In buona sostanza, in quest’ultimo quadriennio lo Stato ha erogato oltre 270 miliardi di euro che sono riusciti, in buona parte, ad “anestetizzare” le difficoltà economiche “piovute” addosso agli italiani in questo inizio di decennio”. Il secondo, invece, riguarda la ripresa dei consumi delle famiglie e quella degli investimenti nelle costruzioni che, nel biennio 2021-2022, hanno interessato soprattutto il Mezzogiorno. Il terzo, infine, è riconducibile al forte aumento degli investimenti fissi lordi avvenuto nel Sud che, “grazie anche alle risorse messe a disposizione dal Pnrr, ha interessato, in particolar modo, il comparto delle costruzioni”.
I dati positivi nulla tolgono alle difficoltà che l’Italia e il Mezzogiorno si trovano a dover affrontare. Un aspetto quest’ultimo scritto a chiare lettere anche dalla Cgia di Mestre. «La situazione generale del Sud rimane ancora critica – rileva l’istituto di ricerca-. Come nel resto del Paese è in atto un forte rallentamento dell’economia che, a causa dell’inflazione e del conseguente aumento dei tassi di interesse deciso dalla Bce, potrebbe spingerci verso un autunno pieno di insidie. Non dimentichiamoci, inoltre, che le criticità che da sempre affliggono il Mezzogiorno sono ancora in attesa di una soluzione”. Il tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile e femminile, continua ad essere un problema. “Il livello di povertà ed esclusione sociale – prosegue lo studio – è preoccupante, il deficit infrastrutturale costituisce un ostacolo allo sviluppo e l’efficienza della Pubblica Amministrazione è tra le peggiori d’Europa. Tuttavia, i segnali in grado di dar corpo a una svolta ci sono e potrebbero consolidarsi se nei prossimi tre anni riusciremo a spendere bene tutte le risorse che il Pnrr ha destinato al Mezzogiorno”.