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Il Governo lavora al dopo Mittal e al futuro degli impianti. Resta viva l’ipotesi Arvedi

Una cordata guidata da Arvedi per rilevare le quote di Acciaierie d’Italia oggi in mano ad ArcelorMittal. È un percorso tutt’altro che semplice quello che è chiamato ad affrontare lo Stato nei prossimi giorni per districare la matassa che avvolge il siderurgico di Taranto. Dopo una prima fase di riorganizzazione dell’assetto societario, sempre che diventi…

Una cordata guidata da Arvedi per rilevare le quote di Acciaierie d’Italia oggi in mano ad ArcelorMittal. È un percorso tutt’altro che semplice quello che è chiamato ad affrontare lo Stato nei prossimi giorni per districare la matassa che avvolge il siderurgico di Taranto. Dopo una prima fase di riorganizzazione dell’assetto societario, sempre che diventi realtà un divorzio “consensuale” con i franco-indiani, il Governo ha detto chiaramente di voler trovare un altro socio privato e di non avere alcuna intenzione di protrarre oltre il necessario la nazionalizzazione della fabbrica.

È per questo che si guarda al principale produttore italiano d’acciaio per rilanciare Acciaierie d’Italia. C’è una scadenza, d’altronde, che dev’essere ben chiara ai ministri che dovranno trovare una soluzione: a maggio scade l’affitto degli impianti ad Acciaierie d’Italia da parte di Ilva in amministrazione straordinaria. Il Governo ed ArcelorMittal stavano lavorando per giungere al loro acquisto, in modo da poter davvero pianificare la produzione a medio e lungo termine. La rottura, però, ha cambiato i piani ed ora il tempo non è più un fattore trascurabile.

Nei prossimi tre mesi, dunque, o Acciaierie d’Italia nazionalizzata o già con dentro un nuovo socio dovrà fare chiarezza sul futuro degli impianti sui quali, si ricorda, pende il sequestro giudiziario da parte della magistratura nell’ambito del processo “Ambiente Svenduto”. A fare il nome di Arvedi negli scorsi giorni è stato il presidente di Federacciai Antonio Gozzi.

Si ricorda che il Gruppo partecipò nel 2017 alla seconda cordata, quella che coinvolgeva Jindal, Cassa Depositi e Prestiti e Delfin e che perse la corsa allo stabilimento di Taranto, vinta da ArcelorMittal. Non è solo Arvedi, però, che potrebbe essere interessata a entrare in società con lo Stato nella gestione del colosso siderurgico. Il gruppo Arvedi ha chiuso il 2022 con 7 miliardi 756 milioni di ricavi e un risultato netto di 640 milioni di euro. La principale azienda, Acciaieria Arvedi, realizza prodotti piani di acciaio al carbonio e ha registrato 3,6 miliardi di ricavi, in aumento del 20 per cento rispetto al 2021. Gli altri nomi circolati negli scorsi giorni sono quelli di Vulcan Green Steel e Metinvest.

Prima di qualsiasi mossa, però, bisognerà superare lo scoglio più grosso: trovare un accordo con ArcelorMittal che non trascini la fabbrica in un lungo contenzioso giudiziario che potrebbe richiedere anni. Il Governo ha dato tempo ai legali di Invitalia di trovare una intesa entro mercoledì. Non è facile: il tempo è poco e le posizioni di partenza distanti. Da questo punto, però, dipende non solo la nascita della “nuova” Acciaierie d’Italia ma anche la garanzia della continuità produttiva dello stabilimento di Taranto.

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