(Adnkronos) – Quando ci saranno le partite, qualcosa cambierà. Come sempre quando rotola un pallone su un campo di calcio. Per ora, però, i Mondiali in Qatar sono un evento stonato, nato male, con i diritti civili costantemente violati nella costruzione degli stadi, e compresso anche dalla grande crisi internazionale legata alla guerra in Ucraina. Mancano quattro giorni all’inaugurazione di un evento che, in circostanze diverse, avrebbe fermato o quasi Paesi interi. Invece, complice anche l’aspetto sportivo, si gioca in un periodo dell’anno anomalo e in un clima proibitivo, tutto sembra tranne che la vigilia della Coppa del Mondo.
Un po’ ovunque, anche leggendo la stampa internazionale, si percepisce l’imbarazzo per un appuntamento fuori contesto, fuori stagione, fuori fuoco. L’Equipe online apre con un reportage dal titolo: “Qatar, gli organizzatori sotto pressione”. Lo spagnolo Sport.es apre con la maxi squalifica rimediata con la maglia del Barcellona da Levandovski. La pagina sportiva di The Times si occupa di Mondiali per raccontare: “Inghilterra accolta da centinaia di tifosi… insistono che non sono fake”. Per ora, in sostanza, problemi di organizzazione, tifosi fake, il pensiero rivolto ai campionati nazionali e alle coppe europee.
Ancora più eloquente il titolo di apertura della Gazzetta dello Sport: “Il 4 gennaio si riparte con Inter-Napoli: il calendario delle 7 big fino al giro di boa”. Serve a marcare il caso limite dell’Italia. Per noi, fuori dai Mondiali per la seconda volta consecutiva, Qatar 2022 è soprattutto tempo da riempire, una pausa fastidiosa, e un rimpianto che crescerà vedendo giocare gli altri.
L’Italia è tradizionalmente uno di quei paesi che per ossequiare il rito del calcio è sempre stato disposto a mettere da parte, anche solo per il tempo strettamente necessario, principi, valori e morale. Questa volta, non servirà neanche fingere. Complice il clamoroso fallimento sportivo, saremo spettatori lontani di un evento che potremo vivere per quello che è, un discutibile da ogni parte lo si guardi. Le istituzioni sportive se ne rendono conto, a partire dalla Fifa che ha deciso la sede, e stanno tentando di salvare la faccia con continuo appello dal sapore antico: questi sono i Mondiali, giocate a calcio, ‘the show must go on’. Se è servito scrivere alle 32 federazioni partecipanti per assicurare che l’accoglienza in Qatar sarà garantita a tutti indipendentemente da religione, sesso, orientamento sessuale e nazionalità, vuol dire che si parte comunque da molto lontano. E anche l’appello del presidente Gianni Infantino ai leader del G20 riuniti a Bali, per un cessate il fuoco in Ucraina durante i Mondiali, finisce nello stesso flusso stonato che intreccia la realtà e la narrazione di Qatar 2022. (di Fabio Insenga)