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Droga e cellulari nel carcere di Salerno: 16 arresti, tra loro anche persone residenti nel Salento

Arresti anche in provincia di Lecce nell'ambito di un'operazione della Guardia di finanza di Salerno che ha portato all'esecuzione di 16 misure cautelari nei confronti di altrettante persone accusate di traffico di droga e introduzione di telefonini cellulari nella casa circondariale "Antonio Caputo" di Salerno. I finanzieri, con gli agenti del Nucleo investigativo centrale (Nil)…

Arresti anche in provincia di Lecce nell’ambito di un’operazione della Guardia di finanza di Salerno che ha portato all’esecuzione di 16 misure cautelari nei confronti di altrettante persone accusate di traffico di droga e introduzione di telefonini cellulari nella casa circondariale “Antonio Caputo” di Salerno.

I finanzieri, con gli agenti del Nucleo investigativo centrale (Nil) della polizia penitenziaria, hanno arrestato 16 persone, 9 finite in carcere e 7 agli arresti domiciliare. Tra i destinatari del provvedimento cautelare ci sono anche un agente penitenziario e la sua compagna, entrambi già arrestati in flagranza di reato per fatti diversi, ma analoghi, lo scorso 21 dicembre, per aver favorito, a fronte del pagamento di denaro, l’introduzione all’interno della struttura carceraria dello stupefacente e degli strumenti di comunicazione.

Il provvedimento cautelare è stato eseguito anche a Lecce e a Santa Maria Capua Vetere, oltre che nei comuni di Salerno, Angri, Bellizzi, Avellino, Eboli, Ariano Irpino, Montecorvino Rovella, Montecorvino Pugliano e Forlì.

Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno, su richiesta della procura diretta da Giuseppe Borrelli, ha disposto la custodia cautelare in carcere nei confronti di Guglielmo Di Martino (classe 1981), Luca Spagnuolo (’85), Amedeo Avallone (’89), Mario Pesce, (’80), Marco Molinaro (’88), Antonio Pagano (’81), Arcangelo Buontempo (’85) e Federico Amaranto (’84). Arresti domiciliari, invece, per Maurizio Viscido (’76), Angelo Longobardi (’76), Marco Bellosguardo (’74), Gerarda Paradiso (2000), Angela Cianci (’86) e Antonino Maratea (’91).

Sono 31, in tutto, le persone indagate a vario titolo per i reati in materia di stupefacenti, alcuni episodi corruttivi, l’estorsione, la vendita di un’arma modificata e il riciclaggio e l’autoriciclaggio dei proventi illeciti attraverso l’acquisto di attività commerciali e di auto di grossa cilindrata.

Secondo l’accusa, Guglielmo Di Martino, detenuto considerato vicino al clan De Feo di Bellizzi, tra agosto 2022 e febbraio 2023, avrebbe promosso un’associazione per delinquere, composta da persone, alcune detenute e altre operanti all’esterno del carcere, che si sarebbero adoperate, ognuna con compiti ben delineati, nel fornire il proprio e fattivo contributo per la riuscita dell’attività illecite.

L’associazione, secondo gli inquirenti, sarebbe stata, attraverso una rete di complici, operativa anche all’esterno dell’istituto penitenziario, riuscendo a controllare la gestione di piazze di spaccio nei comuni di salernitani di Bellizzi, Montecorvino Pugliano e Battipaglia.

Secondo quanto ricostruito, gli investigatori hanno documentato l’ingresso di ingenti quantitativi di droga per un valore superiore ai 50mila euro, il cui pagamento sarebbe avvenuto attraverso l’utilizzo di carte prepagate, intestate a persone esterne, le quali avrebbero provveduto a prelevare le somme in contanti, permettendone cosi’ il rientro nella disponibilità dell’associazione e il reimpiego, in parte, per l’acquisto di ulteriore droga.

Con i proventi, sarebbero stati acquistati un centro estetico a Bellizzi, nel Salernitano, e un’autovettura di grossa cilindrata, adesso sequestrati. Ruoli ben organizzati, secondo la Procura di Salerno: alcuni si occupavano di reperire la droga, altri i dispositivi cellulari e le sim dedicate, altri gestivano le carte prepagate “sfruttando” i familiari dei detenuti per il prelievo del contante. Dalla ricostruzione investigativa, emergono, poi, anche una spedizione punitiva nei confronti di un uomo che non si sarebbe attenuto alle direttive impartite dal promotore dell’associazione e la vendita di un’arma modificata. Ad agevolare lo spaccio nel carcere, vi sarebbero stati anche alcuni detenuti che, approfittando della liberta’ di movimento perché “lavoranti”, per conto dell’associazione, avrebbero trasportato la droga nelle varie sezioni, eludendo i controlli, in cambio di piccole dosi per uso personale.

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