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Dopo il concerto a Molfetta parla Mezzosangue: «La fama? Non ci penso. I miei versi dicono tutto»

Alla sua prima apparizione su un video Youtube nel 2012 la domanda è stata la stessa: chi si nasconde dietro il suo iconico passamontagna? La risposta è nei suoi versi: «Sotto non c'è nessuna faccia, nessun nome, solo un'idea che parla». A parlare è MezzoSangue giovane rapper romano classe 1991 che si è esibito venerdì…

Alla sua prima apparizione su un video Youtube nel 2012 la domanda è stata la stessa: chi si nasconde dietro il suo iconico passamontagna? La risposta è nei suoi versi: «Sotto non c’è nessuna faccia, nessun nome, solo un’idea che parla». A parlare è MezzoSangue giovane rapper romano classe 1991 che si è esibito venerdì sera all’Eremo Club di Molfetta. Il cantante ha portato in scena il suo nuovo album “Sete”, un concept album con chiari riferimenti alla “società liquida” di Zygmunt Bauman, che indaga dieci diverse forme di sete come richiesta, necessità, stato interiore.

Incominciamo dalle basi, come è nata la tua passione?

«La passione per la musica c’è sempre stata. In casa si ascoltava tanta musica di tanti generi diversi. Da bambino studiai pianoforte per qualche anno poi cominciai a scrivere testi. Conobbi il rap tramite mio fratello intorno ai 13 o 14 anni e da lì in poi non l’ho più lasciato».

È stata una scelta consapevole quella di avere il volto coperto o è iniziato tutto per caso?

«Mi serviva una maschera semplice, alla portata di tutti, per partecipare ad un contest di nome “capitan futuro” a cui molti rapper parteciparono. Avevo bisogno di dire qualcosa molto più che di mettermi in mostra e volevo fosse chiaro a tutti che non era per fama ma per le parole che scrissi».

Ci sono dei pro e dei contro?

«Sicuramente mi aiuta a tenere i piedi per terra quando tolgo la maschera e vivo la mia vita nel quotidiano. Il contro maggiore è che tante persone hanno un pregiudizio riguardo la maschera e tanti circuiti restano chiusi a quel tipo di maschera»

Il tuo ultimo album si intitola “Sete”. Puoi spiegarci il perché di questo nome iconico?

«Sono due i motivi principali. In origine era legato ad un acronimo di un progetto dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea) di nome “S.E.T.I.” che sta per “Searching for Extra Terrestrial Intelligence”. Io avevo cambiato l’”Intelligence” in “Empathy”. SETE ha poi avuto uno sviluppo spirituale fino alla cristificazione dell’ego, e l’ultima richiesta di Cristo sulla croce fu proprio “ho sete”».

Cosa racconti?

«Racconto appunto la cristificazione dell’ego in una società liquida, in cui tanto di ciò che ci “beviamo” non sazia una sete più interiore, un bisogno più profondo, passando per 10 macrotemi».

C’è un singolo che più di tutti senti vicino?

«Tutto il disco si risolve in “dopo l’aurora” e in “Fede”, quindi ti direi questi due per quello che significano personalmente per me»

Dicono di te che sei un “Guerrigliero della parola, poeta combattente, interessato all’espressione artistica più che alla fama personale”. Puoi spiegarci il tuo rapporto con la fama?

«Come dicevo prima non è una cosa che soffro perché non è nella mia quotidianità, è molto circoscritta a quando faccio concerti. Per il resto quando parli ad un pubblico, piccolo o grande che sia, devi mettere in conto i lati negativi di questo, che per lo più sono dati dal fatto di non poter pretendere che tutti capiscano e sentano davvero quello che esprimi»

Il 9 ti sei esibito all’Eremo Club. È la tua prima volta in Puglia?

«No sono stato già diverse volte. La prima se non sbaglio fu a Lecce alle Manifatture. Poi sono stato a Bari, a Mola di Bari, a Taranto per il Primo maggio due volte, a Gallipoli».

Prossimi progetti in cantiere?

«Sto lavorando a due progetti ma è ancora tutto in via di definizione, di sicuro comunque presto ci saranno notizie».

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