Questa non è un’intervista allo specchio da parte di chi scrive. L’omonimia tra intervistato e intervistatore è del tutto casuale ed extra parentale. Anche se proprio davanti a uno specchio è trascorsa la carriera quasi trentennale di Giuseppe Dimagli, make up artist Rai tra i più apprezzati, fino a ieri a Sanremo per fare belli gli ospiti del Festival.
A Roma dal 1993, il truccatore aveva già lasciato la sua Manduria per imbarcarsi come sottufficiale della Marina. Poi l’incontro con la palette, che gli cambia la vita e lo porta vis-à-vis con le stelle dello spettacolo. È tornato a Sanremo per la decima volta, proprio in una nave: sulla Costa Toscana ha truccato Orietta Berti, Fabio Rovazzi e i loro ospiti.
Che aria tirava a bordo?
«C’era un’atmosfera di festa. La nave è fantastica: tantissimi servizi e un equipaggio gentile e disponibile. Ci sono rimasto fino a venerdì, poi ieri sono andato all’Ariston, dove è sempre tutto più frenetico».
Sei un habitué del Festival.
«In realtà non ci tornavo da sedici anni. Nel 2005 l’emozione più forte, quando ho curato il make up di Francesco Renga, dall’inizio fino alla vittoria finale».
Come sei passato dalle stellette agli highliner?
«Volevo fare il cantante e l’attore e mi sono iscritto a una scuola di recitazione. Lì sono entrato in contatto con il trucco ed è scoppiata la passione. Il mio primo maestro è stato Enzo Amato, truccatore Rai della vecchia guardia. Dalle sue mani sono passati Alighiero Noschese, Mina, Loretta Goggi. Poi mi sono perfezionato a Parigi con Michel Deruelle e a Londra con il team di Vidal Sassoon. Tornato in Italia ho conosciuto Gil Cagné, diventandone il braccio destro. Devo molto anche a Diego Dalla Palma. Successivamente ho cominciato a lavorare per i servizi fotografici e la moda: Gattinoni, Versace, Armani».
Non ti sei fatto mancare nemmeno il cinema.
«Sono stato sui set di Medusa, 01 Distribution, Warner e Disney. In quelle occasioni ho avuto il piacere di truccare star come Tom Hanks, Meryl Streep, Sandra Bullock, Daniel Craig e Russell Crowe».
Quando sei approdato in Rai?
«Sono stato assunto nel 2003, ma ci collaboravo già dal 1996».
Chissà quanti volti noti hanno accarezzato i tuoi pennelli.
«Molti, ma di uno in particolare sono ancora il truccatore personale».
Quello di Paola Ferrari: so che ha con te un rapporto quasi simbiotico.
«La seguo da sedici anni. Quando faceva la “Domenica sportiva” a Milano mi spostavo ogni weekend da Roma solo per lei. Da allora non mi lascia più: non va nemmeno ospite in altri programmi se non ci sono io a truccarla. Sperando che l’Italia si qualifichi, la prossima avventura con lei saranno i Mondiali in Qatar».
Sei reduce dall’ultima edizione di “Ballando con le stelle”.
«Ci avevo già lavorato un’altra volta, curando il trucco di Nunzia De Girolamo e dei ballerini. Quest’anno, invece, ho fatto la bella scoperta di Selvaggia Lucarelli. Prima non la truccavo io, la vedevo solo lì seduta in giuria. È nato un bel rapporto tra di noi».
Le polemiche che vediamo in tv arrivano anche in sala trucco?
«Sì, non c’è finzione. Selvaggia, per esempio, è come la vedete: non si fa passare la mosca sotto il naso e ama affermare sempre la sua verità. Nell’avvicendarsi al trucco, capitava spesso che lei e Morgan incrociassero lo sguardo con la stessa aria con cui lo facevano in diretta».
Il make up televisivo è cambiato negli anni?
«Moltissimo. L’Hd non fa sconti a nessuno, non ti dico ora il 4k. I prodotti che uso oggi sono molto più sofisticati, li fanno apposta per l’alta definizione: non aumentano lo spessore della pelle e sono coprenti al punto giusto da creare un effetto morbido. L’ideale per le signore dai quaranta in su, che hanno sempre l’incubo di non apparire perfette».
E i Vip, sono cambiati anche loro?
«No, sono sempre uguali: tutti esigenti. Ci sono i capricciosi, gli educati e i maleducati».
C’è una cifra stilistica personale anche nel make up?
«Me lo fanno notare i colleghi. Riconoscono il mio stile e io a volte riconosco il loro. Il mio timbro è la sfumatura fatta con le dita. Mi dicono che è molto morbida: riesco a non far percepire lo scalino del cambio di colore».
Torni spesso a Manduria?
«Non quanto vorrei. Cerco di farlo almeno a Natale. Per me non è Natale se lo passo a Roma. Prima di diventare anziano vorrei tornare in Puglia e aprire una scuola di make up. Non morirò in Rai».
Al trucco come dal parrucchiere le sedute spesso diventano psicanalitiche. Chissà quante volte avrai finto interesse: è vero, come canta Elio, che il visagista delle dive è truccatissimo?
«È vero. Certe volte le persone arrivano a confidarmi delle cose così intime da crearmi imbarazzo. Io cerco di stare al gioco, ma non chiedo mai oltre quello che già mi raccontano».