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Covid, Lopalco: «Bisogna lavorare sui punti deboli»

Sembra una vita fa, il 21 febbraio 2020 quando il Paese si svegliò con la notizia del 'paziente 1' di Covid. Sono passati 2 anni dall'arrivo della pandemia e non del virus in Italia. Un periodo che a noi è sembrato lunghissimo ma che per la storia evolutiva di un virus che ha appena fatto…

Sembra una vita fa, il 21 febbraio 2020 quando il Paese si svegliò con la notizia del ‘paziente 1’ di Covid. Sono passati 2 anni dall’arrivo della pandemia e non del virus in Italia. Un periodo che a noi è sembrato lunghissimo ma che per la storia evolutiva di un virus che ha appena fatto capolino nella comunità umana, è poco più che un attimo.

Possiamo fare previsioni che abbiano un minimo di attendibilità scientifica? «Come al solito, quando si parla di previsioni, la risposta più onesta da dare è ‘no’», spiega l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all’università del Salento, in un post su Facebook in cui ricorda la ricorrenza ieri.
«Impossibile dire quello che accadrà basandoci su modelli predittivi o anche, più semplicemente, sull’esperienza del passato – sottolinea l’esperto – Quella da Covid-19 è una pandemia prima nel suo genere ed è la prima volta che per un agente pandemico sono stati messi a punto, a tempo di record, vaccini e farmaci antivirali.
Qual è dunque ora il futuro che ci aspetta? «Bisogna disegnare possibili scenari di evoluzione futura e, ad ogni scenario, assegnare una serie di azioni da intraprendere. Questo serve a trovarsi pronti ad ogni evenienza. Ormai sappiamo cosa sia in grado di fare questo virus. Conosciamo i punti deboli del nostro servizio sanitario e quali aspetti delle pregresse ondate pandemiche lo hanno messo in ginocchio. È lì che dobbiamo lavorare, in modo che affrontare un’ondata di contagi diventi un evento ordinario e non un’emergenza. Usciamo dall’emergenza dunque – conclude – ma con un bagaglio di insegnamenti ed esperienze di cui sarebbe criminale non fare tesoro. E, forti di questo bagaglio, mettiamoci subito al lavoro per costruire una sanità pandemic-proof».
«Quello che davvero non si può più sopportare, dopo 2 anni di dolore, sofferenza, fatica, è che ci sia ancora qualcuno che neghi la gravità di quanto sia accaduto e l’importanza della vaccinazione per proteggere se stessi e gli altri. A queste persone non bisogna dare voce perché – e questa è una previsione che faccio con certezza – più ci allontaneremo dai drammatici eventi di questi anni, più l’oblio collettivo permetterà a questi individui di alzare ancora di più la testa e di dar voce alle loro scempiaggini», avverte.
Ma il virus scade?
«No, e neanche l’obbligo del vaccino over 50 può scadere. Un obbligo o c’è o non c’è, non scade, perché il virus non scade e non va via. A giugno ci sarà ancora, e il 50enne non vaccinato avrà ancora la possibilità di infettarsi e finire in ospedale, anche se minore perché la circolazione del virus sarà più bassa, ma sicuramente in autunno riprenderà».

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