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Consiglio Ue, oggi il summit: Ucraina protagonista

(Adnkronos) - Il Consiglio Europeo che si apre oggi a Bruxelles sarà un summit prettamente "geopolitico". I capi di Stato e di governo si concentreranno su tre grandi temi, il primo dei quali sarà la concessione all'Ucraina e alla Moldavia dello status di Paesi candidati all'adesione all’Unione, concessione che dovrebbe essere "sostenuta da tutti i…

(Adnkronos) – Il Consiglio Europeo che si apre oggi a Bruxelles sarà un summit prettamente “geopolitico”. I capi di Stato e di governo si concentreranno su tre grandi temi, il primo dei quali sarà la concessione all’Ucraina e alla Moldavia dello status di Paesi candidati all’adesione all’Unione, concessione che dovrebbe essere “sostenuta da tutti i leader”, spiega un alto funzionario Ue. Alla Georgia, come proposto dalla Commissione, dovrebbe essere garantita una “prospettiva europea”, con il programma di tornare a valutare la concessione dello status di candidati dopo che Tbilisi avrà attuato una serie di riforme. La concessione dello status di candidati sarà accompagnata dalla richiesta alla Commissione di riportare al Consiglio su ogni passo del processo e sui progressi fatti dai Paesi. 

Anche la presidente Ursula von der Leyen, parlando alla miniplenaria del Parlamento Europeo a Bruxelles, si è detta certa che i leader valideranno la proposta della Commissione, perché “la storia della nostra Unione è una storia di democrazie giovani che si fanno più forti unendosi. E’ la storia della rinascita della Germania dopo la guerra, la storia della Grecia, della Spagna e del Portogallo che si lasciano rapidamente alle spalle la dittatura a favore della democrazia”. L’Ue si appresta a fare un passo storico, dando una prospettiva europea a tre Paesi che hanno sul proprio territorio truppe di occupazione russe: l’Ucraina in Crimea, nell’est e nel sud, la Moldavia in Transnistria e la Georgia in Abkhazia e Ossezia del Sud. I leader ribadiranno il sostegno finanziario all’Ucraina, anche se sul pacchetto di 9 miliardi cui lavora la Commissione non si registra grande urgenza, visto che Kiev per ora disporrebbe di risorse a sufficienza per far funzionare lo Stato, anche stampando moneta.  

Sono in corso riflessioni sulle tecnicità finanziarie, poiché si tratterebbe di garanzie fornite dagli Stati membri e non di un versamento cash: la Germania, per il suo ordinamento, fa meno fatica a versare un miliardo in contanti che a fornire una garanzia. Senza contare che nella coalizione a tre trovare un consenso tra Verdi e Liberali non è sempre semplicissimo. Verrà anche ribadito il sostegno militare all’Ucraina, anche se è in corso una riflessione tecnica sull’opportunità di continuare ad usare la European Peace Facility, le cui non infinite risorse sono state per quasi la metà assorbite dall’aiuto militare a Kiev. Non invece previsto questa volta, allo stato, un intervento in remoto del presidente ucraino Volodymyr Zelensky.  

Altro grande tema, i Balcani Occidentali e l’allargamento, che con questo Consiglio, dopo anni in cui aveva perso centralità, torna prepotentemente in primo piano. Ai Paesi della ex Jugoslavia e all’Albania sarà dedicato un summit ad hoc, domattina, cui parteciperanno anche i leader di Serbia, Albania e Macedonia del Nord, che avevano ventilato la possibilità di non recarsi a Bruxelles, dato che l’avvio dei negoziati di adesione degli ultimi due Paesi resta tuttora bloccato dal veto della Bulgaria a Skopje, con la quale ha cattivi rapporti per via della minoranza bulgara in Macedonia.  

Con l’ok alla candidatura di Ucraina e Moldavia, provocato dalla guerra scatenata da Mosca, i Paesi dell’area balcanica che sono da tempo in fila temono di vedersi scavalcati: i leader Ue intendono rassicurarli, ribadendo la prospettiva europea dell’area (come ha detto Romano Prodi, “siamo seri, non si può pensare di lasciare la Serbia alla Russia”), anche se non è certo che si riuscirà a rimuovere il veto bulgaro in tempo per domani. Un compromesso dovrebbe però essere votato nei prossimi giorni e il veto di Sofia dovrebbe essere rimosso, in cambio, tra l’altro, dell’inserimento di garanzie per la minoranza bulgara in Macedonia nella Costituzione di quest’ultimo Paese.  

Bulgaria permettendo, dovrebbe essere sbloccato nei prossimi giorni l’avvio dei negoziati di adesione per Albania e Macedonia del Nord, con la convocazione di una conferenza intergovernativa. Per la Bosnia-Erzegovina si pensa ad una soluzione sulla falsariga della Georgia, con una prospettiva di candidatura a patto che vengano prima fatte una serie di riforme, anche se negli ultimi tempi la Repubblica ha fatto pochi progressi. I capi di Stato e di governo discuteranno anche di come rilanciare il processo dell’allargamento e soprattutto di come mantenere i Paesi che sono a qualche stadio del processo di adesione più legati all’Ue, dato che l’iter diventa “sempre più lungo”. 

Poi, come terzo argomento geopolitico, i leader discuteranno a cena dell’Europa allargata, cioè di come organizzare lo spazio che intercorre tra l’Ue e la Federazione Russa, anche sulla base della proposta avanzata da Emmanuel Macron di creare una Comunità Politica Europea, un secondo cerchio più lasco intorno all’Unione. L’intenzione è anche quella di identificare i Paesi destinati ad avere rapporti più stretti con l’Unione. Venerdì, invece, si terrà l’Eurosummit, in formato inclusivo, nel quale si discuterà della situazione economica insieme alla presidente della Bce Christine Lagarde e al presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe.  

In questo contesto i leader parleranno dell’inflazione e sicuramente di energia, anche se non sono attesi progressi decisivi sul fronte del tetto al prezzo del gas. Anche in Germania, dopo che Gazprom ha tagliato per qualche giorno le forniture in corrispondenza con la missione a Kiev di Olaf Scholz, Mario Draghi, Emmanuel Macron e Klaus Johannis, si registrano riflessioni, ma con spostamenti al più millimetrici, su questo tema: prevale, per ora, il timore che Mosca possa decidere di fermare del tutto le forniture di gas.  

Draghi sa bene che lasciare tutto al libero mercato, in un contesto quasi bellico, è controproducente, dato che la Russia può tagliare a sua discrezione le consegne di gas, come ha fatto Gazprom nei giorni scorsi, incassando comunque soldi, perché ad ogni annuncio di tagli delle consegne il prezzo del gas schizza in alto. Tuttavia, perché si faccia strada questa consapevolezza in tutta l’Ue occorrerà tempo, malgrado l’Italia, che su questo ha dalla sua la Francia, spinga perché si acceleri, perché l’inverno non è così lontano e i depositi vanno riempiti. Tra i leader Ue, però, c’è ancora oggi chi pensa che intervenire su un mercato già “perturbato” potrebbe creare ulteriori problemi, osserva un alto funzionario. 

L’uso dell’energia come “arma” e anche la crisi alimentare scatenata dal blocco delle esportazioni cerealicole dell’Ucraina verranno discusse nell’Eurosummit. Su input dell’Italia, nelle conclusioni dovrebbe essere incluso un esplicito riferimento alle conclusioni del Consiglio Europeo del 30 e 31 maggio, che menzionavano il tetto al prezzo del gas. La Commissione dovrebbe presentare una sua posizione su questo tema nel prossimo futuro: alcuni Paesi, tra cui il nostro, premono perché questo avvenga prima della pausa estiva. Un eventuale accordo sul price cap al gas potrebbe comunque passare a livello di ministri, senza che ci sia bisogno di convocare un summit straordinario in luglio. 

Il tema energetico ritornerà sicuramente sul tavolo in “settembre-ottobre”, prevede un alto funzionario Ue, a mano a mano che l’inverno si avvicina e che il problema delle forniture di gas si farà più pressante. Infine, i leader parleranno delle conclusioni della Conferenza sul futuro dell’Europa, affidando alle altre istituzioni Ue di occuparsi di come dare seguito alle raccomandazioni.  

Ma non c’è appetito, in generale, per riaprire i trattati, cosa che richiederebbe molto tempo e l’unanimità tra i 27, né dovrebbero infilarsi in una discussione su “questioni istituzionali”, prevede una fonte Ue. Alcuni Paesi ritengono che vadano messe sul piatto prima le proposte della Conferenza che non comportano revisioni dei trattati, mentre altri Paesi, come l’Italia, hanno una posizione più avanzata: andrebbero messe sul tavolo tutte, poi si vedrà. 

E’ possibile che nelle discussioni, ma non nelle conclusioni, si parli anche dell’enclave (o exclave, più propriamente) di Kaliningrad, dopo che la Russia ha minacciato la Lituania di conseguenze per la popolazione civile, dato che Vilnius ha deciso di applicare le sanzioni Ue anche sui treni in transito tra l’antica Koenigsberg e la Russia. Il ministro degli Esteri lituano Gabrielius Landsbergis ha anche ricordato, a Lussemburgo, che a partire da dicembre le sanzioni Ue si applicheranno anche al petrolio e ai prodotti derivati. E’ una situazione che in prospettiva potrebbe diventare molto rischiosa, in quell’eredità velenosa del XX secolo che è la città natale di Immanuel Kant.  

La Commissione ieri ha fatto sapere che continuerà a lavorare sulle linee guida sull’applicazione delle sanzioni, ribadendo che Vilnius ha meramente applicato il diritto Ue. In pratica, si dovrebbe trovare una via, se necessario con un intervento a livello legislativo, per disinnescare una miccia accesa dai lituani, che hanno applicato le sanzioni rigidamente, e che sono stati ‘coperti’ dalla Commissione, la quale ha spesso una visione burocratica della regola e difetta di visione geopolitica, come ha spiegato lo storico olandese Luuk van Middelaar in un ciclo di lezioni al Collège de France.  

In realtà il transito sul territorio Ue delle merci russe è assimilabile ad una servitù di passaggio: si dovrebbe lavorare su questo concetto per evitare che la situazione sfugga di mano e che abbia conseguenze più vaste. Il pretesto per invadere la Polonia cui si appigliò Adolf Hitler fu il corridoio di Danzica: qualcuno, anche a Bruxelles, ha ben presente che la storia non si ripete, ma a volte fa rima. 

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