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Codacons vs Fedez, ecco la sentenza che ha dato ragione al rapper

(Adnkronos) - "L'apprezzamento della effettiva offensività di determinate espressioni non può essere effettuato in via astratta, ma deve tener conto del contesto entro il quale avviene la comunicazione. Una espressione volgare, resa da un soggetto quale Fedez, aduso alle provocazioni, implica indubbiamente un 'effetto d’urto' più limitato di quelle che comporterebbe se proveniente da personaggio…

(Adnkronos) – “L’apprezzamento della effettiva offensività di determinate espressioni non può essere effettuato in via astratta, ma deve tener conto del contesto entro il quale avviene la comunicazione. Una espressione volgare, resa da un soggetto quale Fedez, aduso alle provocazioni, implica indubbiamente un ‘effetto d’urto’ più limitato di quelle che comporterebbe se proveniente da personaggio solitamente composto ed autorevole”. E’ uno dei passaggi chiave della sentenza del Tribunale di Roma, di cui l’Adnkronos ha preso visione, che ha rigettato la richiesta di risarcimento in sede civile avanzata dal Codacons nei confronti di Fedez, accusato dall’associazione di averla diffamata attraverso una serie di affermazioni sui social. 

“All’interno di un canale social gestito da un personaggio pubblico di tale natura -si legge nella sentenza del giudice della XVIII sezione civile, Cecilia Pratesi- ove abitualmente è in uso un linguaggio informale, si adoperano immagini ad effetto, le espressioni utilizzate – proprio perché volutamente eccessive – perdono in certo senso di potenza, e conseguentemente la loro portata offensiva affievolisce, perché un insulto, pronunciato in un contesto di tale natura, non è effettivamente idoneo a provocare un serio turbamento e men che meno a minare la reputazione di chicchessia”. 

Per il giudice, dunque, “una espressione indubbiamente volgare come ‘potete andare a fare in culo’ può assumere connotati oltraggiosi se pronunciata all’interno di un contesto istituzionale, o nel corso di dibattiti (anche on line) di contenuto culturale, filosofico o politico, o ancora rivolta ad autorità costituite o a religiosi, ma può essere percepita come meramente scherzosa se pronunciata tra amici, così come è divenuta nel tempo socialmente tollerata (ad esempio) nel corso di una partita di calcio, o durante una discussione dai toni accesi, e dunque anche all’interno di una piattaforma social dai toni strettamente popolari, che non si propone certo come luogo di garbati confronti tra opinioni o dibattiti di alto profilo”. 

Durissima la risposta del Codacons: “Il Tribunale di Roma, quindi, autorizza chiunque a offendere e insultare, purché l’offesa provenga da una persona incline alla provocazione -tuona l’associazione- A questo punto apriremo sul nostro sito internet una sezione dove chiunque potrà mandare a quel paese o ingiuriare amici o parenti, ma anche politici, vip, ministri, ecc., senza il rischio di incorrere in alcun reato”. 

Il Codacons annuncia che presenterà esposto al Consiglio Superiore della Magistratura e al Pg della Cassazione, “per aver messo sullo stesso piano un influencer dedito al turpiloquio e una associazione onlus riconosciuta dalla legge e rappresentativa degli interessi di milioni di consumatori” e anche “per accertare se tali affermazioni di licenza di offendere siano coerenti con la funzione di tutori della legalità che dovrebbe spettare ai magistrati che pronunciano queste sentenze in nome del popolo italiano. Apriremo inoltre un sondaggio per capire se i cittadini siano d’accordo sul contenuto di questa sentenza”, conclude il Codacons. 

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