Nonostante gli sforzi amministrativi, i finanziamenti ottenuti e i lavori mai finiti, le Fosse granarie di Cerignola risultano inutili a una parte dei cittadini. Nelle ultime settimane ben due atti vandalici hanno imbrattato alcuni dei silos sotterranei utilizzati fino a pochissimi decenni fa per la conservazione dei cereali e divelto uno dei cippi di contrassegno. Eppure, il bene architettonico è protetto dalla Sovrintendenza ai beni culturali.
Nonostante ciò, per il sol fatto di essere a cielo aperto, è preda dell’incuria e del teppismo. Basti pensare che non è raro incrociare autovetture parcheggiate sullo sterrato che riempie l’ampio spazio prospiciente la chiesa di San Domenico, così come è usanza diffusa di far passeggiare cani e animali domestici per i loro bisogni che, ovviamente, nella maggior parte dei casi restano sul terreno di Piano san Rocco. Un’incuria a cui negli anni non sono serviti gli appelli e i tentativi per far diventare quell’area il luogo caratterizzante non solo della città, ma della sua storia e della sua cultura.
Le fosse sono all’incirca 600 sparse a distanze regolari e geometriche. Questo modo di raccogliere il grano fu ideato nel 1200 e utilizzato fino agli anni ’80 del secolo scorso. Era consuetudine in tutto il Mezzogiorno, in particolare in Puglia, utilizzare le fosse. Tuttavia, in molte città con l’avvento della modernità e dei silos in acciaio furono abbandonate per poi essere sepolte da costruzioni e piazze, come accaduto a Foggia, il cui Piano delle fosse è ridotto a solo pochi esemplari.
A Cerignola, invece, è sopravvissuto a qualsiasi progresso e oggi resta uno dei pochissimi esempi di una civiltà agricola millenaria. Nel corso degli anni, soprattutto da quando il loro utilizzo è cessato, ma anche con l’arrivo dei fondi europei, alcuni progetti hanno provveduto a riqualificare e a mettere in sicurezza le fosse. Progetti, però, che non hanno previsto alcun tipo di recinzione, lasciando il monumento agricolo nella disponibilità di chiunque, in particolare dei vandali.