(Adnkronos) – Contro il tumore del polmone un’alleanza di società scientifiche, medici, associazioni e istituzioni chiede, in 9 punti, la creazione di Lung Unit, sul modello delle Breast Unit per il cancro al seno, e l’utilizzo sistematico di test genetici e genomici per garantire percorsi di cura chiari, personalizzati, omogenei nel territorio nazionale, per una migliore qualità della vita e sostenibilità del servizio sanitario. Sono questi i principali contenuti di un documento operativo di indirizzo politico (Policy brief) per garantire il diritto alla salute dei pazienti con tumore al polmone, presentato oggi a Roma e redatto sulla base di quanto emerso nel corso del tavolo di lavoro che ha visto la collaborazione tra oncologi, associazioni pazienti e istituzioni europee. L’incontro, organizzato da FB & Associati, ha coinvolto i massimi esperti e le realtà più rappresentative del settore ed è stato realizzato con il contributo non condizionante di Pfizer.
Ogni anno in Italia vengono diagnosticati 41mila casi di cancro al polmone che uccide circa 34mila persone: come se ogni anno scomparisse dalla cartina geografica del nostro Paese una città come Gorizia, Aosta o Vibo Valentia. Il Policy brief elaborato – spiega una nota – rientra in un progetto più ampio che ha già visto un percorso analogo per il tumore della mammella, concentrando così energie, risposte scientifiche ed esperienze replicabili di pratica clinica sui due principali responsabili dell’incremento del numero di tumori nel nostro Paese e la cui lotta può trarre maggior vantaggio dall’utilizzo delle risposte diagnostiche e terapeutiche già disponibili, ma ancora utilizzate in maniera disomogenea nei diversi territori italiani. Nel documento le associazioni dei pazienti evidenziano disuguaglianze (discrasia) di trattamento, difficoltà di accesso a tanti servizi ed eccessiva burocratizzazione. Le proposte prevedono l’istituzione delle Lung Unit, centri multidisciplinari come le Breast Unit – che per le donne con il tumore al seno hanno aumentato del 18% la percentuale di sopravvivenza – per favorire l’utilizzo sistematico dei test genetici e genomici per cure tempestive e di precisione.
Nei prossimi anni – si legge nel Policy brief – sarà indispensabile, anche per garantire la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale e dei costi sociosanitari connessi alle malattie oncologiche, un impegno maggiore per migliorare l’accesso alla diagnosi e ai trattamenti innovativi del tumore al polmone, valorizzare il ruolo della genomica per la salute pubblica, sostenere le nuove tecnologie, la ricerca e l’innovazione. Tutto ciò considerando che, anche in questo ambito, l’uso di vari tipi di profilazione genomica del tumore, insieme ai test genetici, stanno aprendo nuove prospettive nello studio e nella gestione della malattia, in accordo con il Piano europeo di lotta contro il cancro. E’ necessario pertanto affiancare alla diagnosi istologica di tumore del polmone la ricerca delle alterazioni molecolari, specie in pazienti non fumatori, al fine di accedere a terapie a bersaglio molecolare che, se non ancora approvate o rimborsate, potrebbero essere disponibili nell’ambito di trial clinici o programmi di accesso allargato. Questi test, effettuati già alla diagnosi per impostare la strategia terapeutica più adeguata, andrebbero ripetuti per individuare eventuali mutazioni di resistenza e/o nuovi target molecolari. Inoltre, la biopsia liquida dovrebbe essere presa in considerazione specie quando la biopsia tissutale non sia possibile o il campione risulti inadeguato per la conduzione dei test di diagnostica molecolare.
Per il tumore al polmone “abbiamo all’attivo o nell’immediato futuro 10 biomarcatori che andrebbero eseguiti di default, garantendo così al 55-60% dei pazienti di poter beneficiare della medicina di precisione nella loro storia di malattia – afferma Silvia Novello, professore ordinario dell’Università di Torino e Presidente Walce Onlus – Tuttavia, ancora oggi molti pazienti non vengono testati adeguatamente essendoci in tal senso anche differenze a livello regionale. E’ prioritario garantire a tutti i pazienti uguale accesso ai test e ai farmaci, assicurando, ove necessario, la delocalizzazione oncologica verso strutture di eccellenza per una diagnosi e un trattamento uniforme sul territorio nazionale”.
Per Gabriella Fontanini, professore ordinario di anatomia patologica e direttore del Centro clinico toracico dell’Azienda ospedaliera universitaria di Pisa, “stiamo facendo passi avanti sulla medicina di precisione. Nei tumori del polmone vi sono nuove opportunità terapeutiche per 41mila pazienti l’anno. Eppure non si riesce a garantire l’accesso alla diagnostica biomolecolare completa. Per chi come me tocca con mano ogni giorno quanto l’accesso ai test genetici e genomici e alle terapie mirate faccia la differenza nella traiettoria di cura di un paziente con tumore al polmone, ogni giorno perso nell’attivazione di percorsi di qualità verso centri di riferimento è un giorno sottratto alla speranza di successo nella lotta contro una delle peggiori forme di cancro, un vero big killer”.
“Negli ultimi anni – sottolinea Stefania Vallone, segretario generale di Walce – abbiamo visto un cambiamento nelle opportunità offerte a livello diagnostico e terapeutico. In tal senso l’associazione sta lavorando anche insieme ad altre organizzazioni per cercare di offrire nuove opportunità”.