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Birra: Osservatorio, per 9 ristoratori su 10 il suo consumo traina cibo made in Italy

(Adnkronos) - Sapevamo che per gli italiani è la bevanda simbolo della socialità e dello stare insieme. Ora un nuovo studio dimostra che la birra consumata nei bar e nei ristoranti è anche un volano fondamentale per la filiera agroalimentare italiana e le eccellenze del made in Italy. A rivelare per la prima volta l’impatto…

(Adnkronos) – Sapevamo che per gli italiani è la bevanda simbolo della socialità e dello stare insieme. Ora un nuovo studio dimostra che la birra consumata nei bar e nei ristoranti è anche un volano fondamentale per la filiera agroalimentare italiana e le eccellenze del made in Italy. A rivelare per la prima volta l’impatto finora invisibile della birra sul nostro agroalimentare è una ricerca realizzata da Nomisma per Osservatorio Birra e Agronetwork che racconta i consumi di birra nell’Ho.Re.Ca. attraverso il punto di vista di un campione di 1000 consumatori tornati nei luoghi della socialità e di 100 professionisti del Fuoricasa. 

Non solo l’anno scorso fuoricasa e birra sono cresciuti insieme (al +39% dei consumi agroalimentari fa eco il +21% di quelli della birra). Ma quando al ristorante, in pizzeria, al pub o in trattoria si ordina una birra, 8 volte su 10 viene sempre accompagnata dal buon cibo della tradizione agroalimentare italiana: con una pizza (e quindi pomodori pelati, olio extravergine d’oliva, mozzarella, grano italiano e altre eccellenze locali), per aperitivo con un tagliere di formaggi e salumi del territorio, con un primo della tradizione (che rappresenta pasta, formaggi, verdure e insaccati) o un secondo di carne o di pesce. 

La birra si conferma quindi un traino decisivo per la fetta di consumi agroalimentari nel fuoricasa che, stime Nomisma/Istat, nel 2022 vale 89,7 miliardi di euro. Un fuoricasa che, rivela lo studio Osservatorio Birra/Agronetwork, è sempre più legato a materie prime italiane, ai prodotti agroalimentari e alle bevande di qualità, locali o legati al territorio. Secondo gli addetti ai lavori dell’Ho.Re.Ca., negli ultimi due anni il consumo di prodotti agroalimentari di alta qualità nei locali italiani è aumentato (44%). Quello delle bevande invece registra addirittura il 53%. 

Interrogati sulle tendenze del momento del fuoricasa, i ristoratori italiani hanno risposto “il ritorno della tradizione, ma di qualità” (50%), “ricette e materie prime legate al territorio” (41%), “trattorie moderne e cibo come una volta” (32%). C’è anche 1 ristoratore su 10 (il 9%) che sostiene che la vera novità di questo nuovo trend basato sugli elementi della tradizione siano proprio “le bevande low o zero alcol”… come la birra. 

È il boccale, come e forse più del calice o della flûte, l’immagine simbolo della ripresa dell’Ho.Re.Ca. La birra è infatti la bevanda di qualità più richiesta nei locali (59%), davanti alle bollicine (39%) al vino bianco (38%) e al vino rosso (34%). Secondo i ristoratori la versatilità, nelle occasioni di consumo (40%) e nell’abbinamento a tutto pasto (24%), è la chiave del successo della birra rispetto ad altre bevande. Lo confermano i consumatori, che nell’ultimo anno hanno preferito la birra per il suo gusto (62%), per la sua 

leggerezza (52%) e perché si abbina bene con tutte le portate (43%). Addirittura, per 8 consumatori su 10, la qualità dell’offerta delle birre è fondamentale per la scelta del locale. Preferiscono (60%) birra prodotta nel nostro Paese o in una regione specifica. Per abbinarla, magari, ad una pietanza prodotta con ingredienti dello stesso territorio. 

A proposito di abbinamenti, per i ristoratori i prodotti per i quali i clienti richiedono con maggior frequenza una qualità elevata sono proprio quelli con cui la birra viene servita più spesso: antipasti e stuzzichini, primi e secondi di terra, pizza… E infatti per i professionisti dell’Ho.Re.Ca. (96%) la birra è adatta a sostenere anche il consumo di prodotti agroalimentari di qualità. La conferma arriva dagli stessi consumatori: per il 76% pizza+birra si conferma il mix evergreen, ma questa bevanda ormai viene ordinata a tutto pasto e con pietanze in cui materie prime agroalimentari di qualità fanno la differenza. È infatti, molto gettonato anche il connubio con stuzzichini o finger food per l’aperitivo (51%), con antipasti di terra o di mare (43%) e primi piatti (27%). 

Secondo Osservatorio Birra, la birra, come il vino, è una bevanda a tutto pasto che nel suo matrimonio con l’agroalimentare made in Italy di qualità fa bene alla filiera. Naturale, leggera, poco o per nulla alcolica, è il perfetto complemento della cultura alimentare mediterranea e italiana, che ha al centro cibo, socialità e convivialità. In Italia si esce e ci si incontra per stare insieme con gli amici e i familiari davanti a del buon cibo e a una buona birra in luoghi dove questa bevanda viene servita a regola d’arte, abbinata con il cibo, proposta a pasto o a ridosso del pasto, nel segno di un consumo moderato. 

L’approccio alla qualità, nel bicchiere e nell’abbinamento, è confermato dall’identikit del consumatore di birra agli occhi di chi lo osserva tutti i giorni dalla cucina, dalla sala o da dietro al bancone. Millennial, curioso e attento a qualità del servizio e dell’abbinamento col cibo; ha tra i 30-44 anni (la fascia di età con maggiori disponibilità economiche), è attento allo stile/tipologia di birra (51%) e al suo corretto servizio (23%); apprezza la varietà dell’offerta, chiedendo, indifferentemente la classica lager (che resta la preferita per 2 consumatori su 3) o birre speciali e di territorio. 

La birra al centro del nuovo fuoricasa Lo era anche prima della pandemia. Se 3 addetti ai lavori su 10 hanno notato un aumento, anche marcato, dei consumi di birra nel locale, 6 su 10 ritengono che il consumo di birra sia stabile rispetto al 2019. Per il 55% è una bevanda che non può mancare nell’offerta del locale, per il 58% lo era già prima della pandemia. 

Di certo, il peso della birra nella ristorazione italiana è destinato a crescere ancora. Per gli addetti ai lavori, in 4 locali su 10 questa bevanda incide oggi tra il 10% e il 15% sul business. E nei prossimi 5 anni questa percentuale è destinata a crescere fino al 20-25%, con punte del 50%. A tutto vantaggio della filiera agroalimentare italiana. 

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