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Bertinotti: “La sinistra politica è morta”

(Adnkronos) - "La mia opinione è che la sinistra politica sia morta". Così Fausto Bertinotti intervistato dall'Adnkronos. E se in precedenza, aveva dichiarato che 'la sinistra politica rischia di morire', ora "il rischio si è manifestato in tutta la sua potenza, purtroppo. E' difficile aspettarsi una sua capacità di riprendere le fila del conflitto sociale".…

(Adnkronos) – “La mia opinione è che la sinistra politica sia morta”. Così Fausto Bertinotti intervistato dall’Adnkronos. E se in precedenza, aveva dichiarato che ‘la sinistra politica rischia di morire’, ora “il rischio si è manifestato in tutta la sua potenza, purtroppo. E’ difficile aspettarsi una sua capacità di riprendere le fila del conflitto sociale”.  

“Le opposizioni sono state indebolite non solo dal voto ma anche dai processi di abbandono, da parte delle sinistre, di un rapporto centrale con il conflitto”, dice Bertinotti passando ad analizzare le opposizioni e la loro capacità o meno di svolgere unite il proprio ruolo. “Irrilevante il tema dell’accordo tra le opposizioni, il tema è chi sei tu e cosa vuoi ottenere. E’ questo che non è noto. Cosa, l’insieme di queste forze, vuole ottenere e, per una parte di esse, chi vuoi essere. A quel punto si porrà il problema della natura dello schieramento. Se non c’è una sinistra politica è difficile, anzi impossibile, che essa possa rivivere attraverso l’alleanza con chicchessia. Perché l’impedimento sta in sé, non sta negli altri”. 

MELONI – “La Meloni, e si vede già dai conflitti di questi giorni, si propone non come primo ministro ma come capo del governo, con una compagine governativa tenuta insieme non dall’alleanza ma dalla guida” dice Bertinotti all’Adnkronos. Un governo che, secondo Bertinotti, sarà caratterizzato dalla continuità delle politiche economiche e sociali di Draghi e dall’avvio di una fase ‘a-fascista’. 

Con le elezioni dei presidenti di Senato e Camera “si sono piantate delle ‘bandierine’ al riparo delle quali avviare il cammino del governo. Lasciando cadere il termine ‘divisivo’, che è una sciocchezza pura, uno, il presidente del Senato, ha un lungo cammino di politica nel corso del quale non ha mai ripudiato il fascismo; il secondo ha un passato che lo ha collocato sul terreno reazionario. Fatta questa premessa, secondo me – spiega Bertinotti – la Meloni e il governo si incamminano per fare un’operazione più complessa per governare più a lungo, che passa per una continuità e due controriforme”. 

La continuità è “nelle politiche economiche e sociali, con le politiche di Draghi, quelle dell’oligarchia europea”. Le due controriforme: una sul terreno dei principi costituzionali e l’altra sul terreno delle riforme di governo. 

“La prima controriforma – spiega Bertinotti – è il tentativo della Meloni di mettersi alle spalle l’Italia costituzionale del dopoguerra, quella segnata dal primato dell’antifascista e avviare una fase a-fascista che vorrebbe abbandonare il carattere forte dell’impianto costituzionale antifascista per operare una rimozione dell’antifascismo. Il secondo elemento è la controriforma istituzionale ed è, secondo me, il passaggio da una forma di governo parlamentare a una forma di governo presidenziale, laddove il connotato presidenziale non sta sulla Repubblica ma sul governo medesimo. La Meloni, e si vede già dai conflitti di questi giorni, si propone non come primo ministro ma come capo del governo, con una compagine governativa tenuta insieme non dall’alleanza ma dalla guida”. 

Un governo che reggerà? “Dipende – risponde Bertinotti – nessuno è in grado di prevedere la dinamica fondamentale, quella del conflitto sociale. Se cade, il governo non cade sul terreno della politique politicienne ma sul suo rapporto con il Paese. Se cade. Io non so se la politica si rende conto di questo baratro: la perdita verticale del potere d’acquisto di parte della popolazione, cosa che può prefigurare forme di rivolta e di proteste forti da parte della popolazione”. 

FICO – “Quella stanza non me la ricordo neppure più perché, francamente, io ho amato di più altre stanze, da quelle della Cgil a quelle del partito della Rifondazione Comunista a quelle della Presidenza della Camera, non della successione della medesima” commenta Bertinotti, presidente della Camera dei Deputati dal 2006 al 2008, a proposito dell’intenzione di Roberto Fico di mantenere l’ufficio a Montecitorio. 

 

 

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