(Adnkronos) – Joseph Ratzinger è stato il primo pontefice a chiedere esplicitamente scusa alle vittime di abusi da parte di ecclesiastici e ad incontrarle più volte, presentando la Chiesa in atteggiamento penitenziale. E al tempo stesso è stato il primo pontefice a dichiarare guerra alla pedofilia. Ma già prima di salire al soglio pontificio, da cardinale prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, l’ex Sant’Uffizio, aveva adottato la linea della “tolleranza zero” nella lotta agli abusi sessuali da parte di uomini di Chiesa. Negli anni del pontificato, poi, Ratzinger ha ammesso a nome di tutta la Chiesa “la grandissima colpa” di aver trascurato il “grande male” che da anni dissestava la Chiesa cattolica.
Da cardinale prefetto Ratzinger nel 2001 firmò le nuove norme della Chiesa contro la pedofilia contenute nel documento “De delictis gravioribus”. Il testo fu redatto per dare corso al motu proprio “Sacramentorum sanctitatis tutela” di Giovanni Paolo II che, proprio per evitare insabbiamenti a livello locale, decise di trasferire tutto quello che riguardava la pedofilia nella Chiesa nelle mani della Congregazione per la dottrina della fede.
Fu Ratzinger a dettare le prime linee guida con i criteri fondamentali: informare la Santa Sede, seguire le disposizioni della giustizia civile e allontanare il sospetto dalle attività pastorali. Dopo cinque anni dall’elezione, nel luglio del 2010, vennero apportate nuove modifiche alle norme della “De delictis gravioribus” redatte dalla Congregazione per la dottrina della fede, modifiche approvate dallo stesso Papa.
La normativa prevedeva che il termine di prescrizione fosse elevato da dieci a vent’anni, le procedure venissero snellite e semplificate e, nei casi più gravi, si potesse chiedere al Papa la dimissione dalla stato clericale. Si precisava, come del resto già nelle procedure del 2003, che “va sempre dato seguito alle disposizioni della legge civile per quanto riguarda il deferimento di crimini alle autorità preposte”.
Nel maggio 2011 Benedetto XVI fece pubblicare la “Lettera Circolare della Congregazione per la dottrina della fede per aiutare le Conferenze Episcopali nel preparare Linee guida per il trattamento dei casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici”. Nella missiva veniva messo in evidenza che tra le importanti responsabilità del vescovo diocesano c’è il dovere di dare una risposta adeguata ai casi eventuali di abuso sessuale su minori. Tale risposta comporta l’istituzione di procedure adatte ad assistere le vittime di tali abusi, nonché la formazione della comunità ecclesiale in vista della protezione dei minori. Ma questa risposta dovrà provvedere all’applicazione del diritto canonico in materia, e, allo stesso tempo, tener conto delle disposizioni delle leggi civili.
Ratzinger affrontò la spinosa questione della pedofilia anche poco prima della sua elezione al soglio di Pietro, quando nel 2005, nel redigere i testi per la Via Crucis del Colosseo, denunciò “la sporcizia che c’è nella Chiesa”. Sempre in quel periodo mostrò grande decisione contro il fenomeno degli abusi, ad esempio allontanando dal Vaticano diversi religiosi responsabili di atti sessuali su minori.
Durante il viaggio apostolico compiuto negli Stati Uniti nel 2008 Benedetto XVI iniziò la prassi, portata avanti poi dal suo successore, di incontrare le vittime dei preti pedofili (il primo incontro avvenne il 17 aprile nella Nunziatura di Washington). A questi incontri sono poi seguiti quelli con le vittime in Australia (2008), a Malta (2010), in Inghilterra (2010).
Ratzinger è stato inflessibile anche sul caso del reverendo Marcial Maciel Degollado, fondatore della Congregazione dei Legionari di Cristo, accusato di pedofilia su seminaristi e di abuso del sacramento della confessione per aver assolto alcune delle sue vittime. Nel 2006 la Santa Sede commissariò i Legionari e allontanò padre Maciel da ogni carica.
Nel 2006 il pontefice trattò il problema degli abusi sui minori in un discorso ai vescovi d’Irlanda e più volte tornò sul tema con l’episcopato irlandese negli anni successi a causa di ripetuti scandali di pedofilia tra i religiosi. Il 20 marzo 2010 Benedetto XVI pubblicò una lettera pastorale rivolta ai fedeli cattolici d’Irlanda, in cui spiegava di “condividere lo sgomento e il senso di tradimento sperimentato al venire a conoscenza di questi atti peccaminosi e criminali e del modo in cui le autorità della Chiesa in Irlanda li hanno affrontati”, chiedendo ad essa “in primo luogo di riconoscere davanti al Signore e davanti agli altri, i gravi peccati commessi contro ragazzi indifesi” e accusando la “preoccupazione fuori luogo per il buon nome della Chiesa e per evitare gli scandali, che hanno portato come risultato alla mancata applicazione delle pene canoniche in vigore e alla mancata tutela della dignità di ogni persona”.
Rivolgendosi poi ai sacerdoti e ai religiosi colpevoli di tali abusi, scrisse: “Avete tradito la fiducia riposta in voi da giovani innocenti e dai loro genitori. Dovete rispondere di ciò davanti a Dio onnipotente, come pure davanti a tribunali debitamente costituiti. Avete perso la stima della gente dell’Irlanda e rovesciato vergogna e disonore sui vostri confratelli. Quelli di voi che siete sacerdoti avete violato la santità del sacramento dell’Ordine Sacro, in cui Cristo si rende presente in noi e nelle nostre azioni. Insieme al danno immenso causato alle vittime, un grande danno è stato perpetrato alla Chiesa e alla pubblica percezione del sacerdozio e della vita religiosa”.
Nel settembre del 2011 il gruppo di associazioni delle vittime dei preti pedofili Snap (Survivors network of those abused by priests) e il Centro per i diritti costituzionali (Center for Constitutional Rights) depositarono presso la Corte penale internazionale dell’Aia un ricorso in cui accusavano Benedetto XVI, il segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone, il suo predecessore cardinale Angelo Sodano e il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, cardinale William Joseph Levada, di crimini contro l’umanità per la presunta copertura dei reati commessi da sacerdoti contro i minori.
Nel febbraio del 2012 l’accusa venne ritirata dallo stesso avvocato querelante Jeff Anderson. Secondo il legale della Santa Sede Jeffrey S. Lena la notifica provocò “l’archiviazione immediata della causa, senza che sia necessaria una sentenza in merito emanata dalla corte”. Nel giugno del 2013 la Corte penale internazionale comunicò di aver respinto la richiesta del Centro per i diritti costituzionali, affermando la propria mancanza di giurisdizione sui fatti.
Nel gennaio 2022 fu reso noto un rapporto che parlava di almeno 497 persone vittime di violenza sessuale da parte del clero dell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga dal 1945 in poi. A fare scalpore fu la notizia del presunto coinvolgimento di Ratzinger, arcivescovo dal 1977 al 1982: era accusato in particolare di comportamenti erronei e lacunosi in almeno in quattro casi durante il periodo in cui era vescovo dell’arcidiocesi; il futuro pontefice non avrebbe fatto nulla contro i religiosi accusati di abusi. Accuse negate dal Papa emerito, che smentì “rigorosamente” la sua responsabilità.
Tramite monsignore Georg Gänswein, suo segretario particolare, arrivò la risposta di Ratzinger con un’analisi di quanto accaduto a Monaco, scritta dai suoi collaboratori, gli esperti di diritto canonico Stefan Mückl, Helmuth Pree, Stefan Korta e Carsten Brennecke. Benedetto XVI non sarebbe stato “a conoscenza né del fatto che il sacerdote X fosse un abusatore, né che fosse inserito nell’attività pastorale”. E ancora che il Papa emerito non era a conoscenza di altri casi di abuso: “La perizia non fornisce alcuna prova in senso contrario”. Un comunicato che tuttavia non placò le polemiche.
Pochi giorni dopo Ratzinger con una nota ammise di aver sbagliato a dire che non aveva partecipato alla riunione del 1980: “Questo errore, che purtroppo si è verificato, non è stato intenzionalmente voluto e spero sia scusabile. Ho già disposto che da parte dell’arcivescovo Gänswein lo si comunicasse nella dichiarazione alla stampa del 24 gennaio 2022. Mi ha profondamente colpito che la svista sia stata utilizzata per dubitare della mia veridicità, e addirittura per presentarmi come bugiardo. Tanto più mi hanno commosso le svariate espressioni di fiducia, le cordiali testimonianze e le commoventi lettere d’incoraggiamento che mi sono giunte da tante persone. Ben presto mi troverò di fronte al giudice ultimo della mia vita. Anche se nel guardare indietro alla mia lunga vita posso avere tanto motivo di spavento e paura, sono comunque con l’’animo lieto perché confido fermamente che il Signore non è solo il giudice giusto, ma al contempo l’amico e il fratello che ha già patito egli stesso le mie insufficienze e perciò, in quanto giudice, è al contempo mio avvocato. In vista dell’ora del giudizio mi diviene così chiara la grazia dell’essere cristiano. L’essere cristiano mi dona la conoscenza, di più, l’amicizia con il giudice della mia vita e mi consente di attraversare con fiducia la porta oscura della morte”.
Nello scorso mese di giugno, infine, un 38enne bavarese, vittima da bambino di abusi sessuali imputati “al sacerdote Peter H.”, ha denunciato al tribunale di Traunstein anche il Papa emerito Benedetto XVI, oltre che il suo successore alla diocesi di Monaco, il cardinale Friedrich Wetter, e i vertici del vescovado di Monaco. Come hanno riportato i media tedeschi, l’uomo accusava Ratzinger perché “conosceva la situazione e ha perlomeno preso in considerazione alla leggera che quel sacerdote potesse ripetere i suoi reati”.