Luca Marinelli aveva 17 anni quando la sera del 2 giugno 1996, Angelo Di Benedetto fu ucciso, a colpi di pistola nella piazza di Valenzano, in quel modo così plateale che tutti sapessero chi comandava. Oggi che è stato assolto, a distanza di 27 anni, ne ha 44 e una nuova vita.
Era il tempo in cui il clan Strisciuglio, appena costituito, provava a dimostrare la sua forza di fuoco in tutto il territorio di Bari e provincia. E per questo, le indagini inquadrarono quel sangue nel conflitto con altri clan e lo considerarono una risposta al tentato omicidio, la mattina dello stesso giorno, di Vittorio Scavo.
Lo raccontarono, lo fecero mettere a verbale, almeno tre collaboratori di giustizia. E allora, anche grazie ai loro racconti, dell’omicidio di Di Benedetto furono accusati Michele Armenise, Luigi Cariola, Pietro Giangregorio, Pasquale Lamura, il capoclan Sigismondo Strisciuglio e il giovanissimo Luca Marinelli. Nello stesso fascicolo, finirono anche le indagini su un altro omicidio, avvenuto tre anni prima, del quale furono imputati altri due minorenni, Giuseppe Lopiano e Giuseppe Ladisa.
Le prime indagini, originariamente archiviate, furono riaperte nel 2008. Si arrivò così all’udienza preliminare celebratasi nel 2015, dinanzi al gup del Tribunale di Bari, che con la formula del rito abbreviato assolse Sigismondo Strisciuglio e Luigi Cariola, condannando a 30 anni per omicidio premeditato Michele Armenise Michele, Pasquale Lamura e Pietro Giangregorio. Con la stessa sentenza fu dichiarata “l’incompetenza funzionale” per Luca Marinelli, 14enne all’epoca dei fatti, così come gli altri due.
Si arrivò poi al secondo grado, fu assolto Pasquale Lamura Pasquale e fu dichiarata la prescrizione per Giangregorio e Armenise, escludendo l’aggravante delle premeditazione, visto il breve lasso di tempo tra il tentato omicidio e la presunta “risposta”.
Ottenuti gli atti per competenza, la Procura del tribunale per i minori avviarono le indagini a carico di Lopiano e Ladisa per l’omicidio Molfetta e di Marinelli per l’omicidio Di Benedetto. Vista l’esclusione dell’aggravante della premeditazione nella sentenza della Corte di Assise di Appello, la Procura Minorile avrebbe potuto archiviare per prescrizione anche nei confronti dei tre, ma invece ne ha chiesto il rinvio a giudizio contestando la sussistenza dei motivi abietti e futili, che rende ancora oggi il fatto imprescrittibile e punibile con l’ergastolo.
L’avvocato Giuseppe Benvestito, che rappresentata tutti e tre, ha quindi scelto di seguire la strada del dibattimento e non dei riti alternativi. Alla prima udienza del processo, è arrivata la sentenza di proscioglimento per Lopiano e Ladisa, perché si è dimostrato che, al momento dell’omicidio Molfetta, erano entrambi detenuti nell’istituto minorile Fornelli di Bari. Il processo è proseguito solo per Luca Marinelli, ormai 40enne, per altri 4 anni, durante i quali sono stati sentiti investigatori, periti, testimoni e collaboratori di giustizia, e si è concluso con l’assoluzione di Marinelli per non aver commesso il fatto.