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Atti amministrativi illegittimi, con errori manifesti obbligatoria l’autotutela

L’esigenza, da tempo sentita, di potenziare l’esercizio del potere dell’amministrazione finanziaria di annullare o revocare d’ufficio atti amministrativi ritenuti illegittimi o infondati è stata recepita nell’ambito dei principi di delega legislativa alla riforma fiscale (L. n. 111/2023), con riferimento “agli errori manifesti nonostante la definitività dell'atto, prevedendo l'impugnabilità del diniego ovvero del silenzio nei medesimi…

L’esigenza, da tempo sentita, di potenziare l’esercizio del potere dell’amministrazione finanziaria di annullare o revocare d’ufficio atti amministrativi ritenuti illegittimi o infondati è stata recepita nell’ambito dei principi di delega legislativa alla riforma fiscale (L. n. 111/2023), con riferimento “agli errori manifesti nonostante la definitività dell’atto, prevedendo l’impugnabilità del diniego ovvero del silenzio nei medesimi casi” (art. 4, comma 1, lett. h).

Dalla bozza di decreto legislativo del 23 ottobre, sulle modifiche allo Statuto dei diritti del Contribuente, si evince che il Governo intende dare attuazione al suddetto principio.

La comprensibile preoccupazione di evitare di ampliare l’ambito della obbligatorietà anche ad ipotesi non manifestamente illegittime, ha portato il Governo ad individuare in maniera tassativa le fattispecie di errori manifesti, riportandosi ad alcune ipotesi elencate nella vigente disciplina in materia di autotutela e precisamente: a) errore di persona; b) errore di calcolo; c) errore sull’individuazione del tributo; d) errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione finanziaria.

Tuttavia, come spesso succede, si rischia di lasciarne ingiustificatamente fuori alcune che potrebbero rientrare nei limiti normativi, quali, come nel caso di specie, la mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti e la mancanza di documentazione successivamente sanata non oltre i termini di decadenza.

È il caso, dunque, che venga eliminata la tassatività dell’elencazione, stabilendo la esclusione della obbligatorietà in tutti i casi in cui risulti necessaria una preventiva risoluzione di questioni di natura interpretativa.

Un altro elemento di criticità è costituito dalla prevista esclusione dell’esercizio del potere di autotutela obbligatoria “in caso di atti definitivi, decorsi tre mesi dalla definitività per mancata impugnazione”. Infatti, la previsione di un termine di decadenza così ristretto decorrente dalla definitività dell’atto appare una risposta eccessiva all’esigenza di certezza e stabilità della pretesa impositiva che la norma intende tutelare.

D’altro canto appare non giustificato che errori così manifesti in così breve tempo “degradino” in un motivo di (eventuale) esercizio facoltativo di tale potere. Anche in questo caso, quindi, sarebbe auspicabile una modifica della norma, prevedendo che il predetto termine decadenziale decorra dalla notifica del primo atto che, nella sequenza procedimentale, è successivo a quello che deve formare oggetto di autotutela.

In questo modo verrebbe garantito un arco temporale più ampio e nello stesso tempo ci sarebbe una maggiore garanzia che il contribuente sia effettivamente a conoscenza dell’esistenza dell’atto.

Massimo Ferrante – Avvocato tributarista

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