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Architettura spaziale e sostenibile. Su Marte sulla Terra «la ricerca guarda al futuro»

Immaginare una vita su Marte mentre si progetta il futuro sulla Terra tra sostenibilità e tradizione. Queste le prerogative del giovane molfettese Alessandro Angione, assegnista di ricerca al DICAR (Dipartimento di Ingegneria Civile e dell’Architettura) del Politecnico di Bari e architetto iscritto all’OAPPC (Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Pianificatori) di Bari. Il ventiseienne pugliese…

Immaginare una vita su Marte mentre si progetta il futuro sulla Terra tra sostenibilità e tradizione. Queste le prerogative del giovane molfettese Alessandro Angione, assegnista di ricerca al DICAR (Dipartimento di Ingegneria Civile e dell’Architettura) del Politecnico di Bari e architetto iscritto all’OAPPC (Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Pianificatori) di Bari. Il ventiseienne pugliese è stato tra gli autori della prima tesi in Italia sull’architettura spaziale, di cui è stata fatta una pubblicazione. Di recente, assieme al gruppo di ricerca di cui fa parte attualmente, ha vinto un concorso di idee per la riqualificazione degli esterni di una società di Modugno. La proposta si è distinta per l’originalità, tratto che emerge dalle sue affermazioni.

Come nasce il progetto di ricerca “Hive Mars”?
«Il progetto sull’architettura spaziale nasce dalla collaborazione tra il Politecnico di Bari e la SICSA (Sasakawa International Center For Space Architecture), università di Houston in Texas. Questo filone di ricerca, mai affrontato prima al Politecnico, ha spinto me e altri laureandi a intraprendere una grande sfida, superando i limiti della terra per esplorare lo spazio e progettare insediamenti extraterrestri. Tutto grazie al prezioso supporto del professore Giuseppe Fallacara e dell’architetto Vittorio Netti».
Quali sono i prossimi step della ricerca?
«Non possiamo fermarci. Stiamo continuando il lavoro con un altro laboratorio di tesi sull’architettura spaziale. Ci stiamo dedicando all’ambito lunare, dati i numerosi progetti e i numerosi investimenti sul tema a livello mondiale».
Perché pensare a strutture abitabili su Marte?
«Dopo la Luna, Marte è il pianeta più appetibile tra quelli conosciuti del sistema solare, insieme ai piccoli satelliti e a Venere. Il progetto “Hive Mars” si articola nella progettazione di insediamenti realizzati da rover automatizzati e pre-programmati sulla Terra. Si sfruttano le risorse del pianeta rosso per realizzare, tramite la tecnica della stampa 3d, cupole utili ad alloggiare nel modulo pressurizzato. Quest’ultimo accoglierà gli astronauti che atterreranno sul pianeta una volta che l’habitat sarà pronto».
Sul nostro Pianeta, invece, qual è la chiave per i progetti di architettura?
«Nei progetti sulla terra diamo per scontati l’ossigeno, l’aria, la gravità, la pressione, i fabbisogni giornalieri. Tutti elementi che in architettura spaziale sono fondamentali. La chiave della progettazione, al giorno d’oggi, è il connubio tra innovazione e tradizione. Progettare spazi attraverso le nuove tecnologie di fabbricazione digitale, di visualizzazione, di realtà virtuale, di modellazione e di renderizzazione. Sempre nell’ottica di rielaborare la tradizione».
In che modo i progetti che vi hanno permesso di vincere il concorso per la “Magna SPA” possono essere applicati al decoro urbano?
«Al concorso ha partecipato il mio team di ricerca composto da Ilaria Cavaliere, Dario Costantino, Angelo Vito Graziano. Il nostro focus è stata la riqualificazione di una zona degradata, tramite la rigenerazione urbana. Abbiamo ripensato il verde, in tutte le sue specie, in base alle funzioni da svolgere. Abbiamo pensato al recupero delle acque con i giardini della pioggia, a nuovi padiglioni e a una nuova pavimentazione. Questo si può applicare anche nel decoro urbano. Allo stesso modo si potrebbero rigenerare spazi inutilizzati e degradati. Il risultato sarebbe mitigare l’inquinamento, applicare le leggi di recupero delle risorse e utilizzare energie rinnovabili, puntando a spazi sostenibili. Per esempio, i giardini della pioggia permettono di raccogliere l’acqua piovana e di riciclarla, specie se localizzati vicino alle superfici impermeabili di strade e di marciapiedi. Ancora, l’arredo urbano, oltre a svolgere la funzione di ombreggiamento, può svolgerne altre. Basta re-inventare».
Quale pensa sia il futuro dell’architettura urbana? Cosa intendete progettare per la Puglia?
«Il futuro dell’architettura urbana è sostenibile. Ma non bisogna limitarsi all’utilizzo di materiali ecologici. Il primo passo è limitare gli sprechi e aumentare il riciclo. Seguono la riqualificazione degli spazi, l’uso consapevole delle risorse idriche e un maggiore impiego di verde. Ma, soprattutto, dovremmo imparare a valorizzare il territorio, poiché l’architettura non è solo ciò che è antropizzato. Architettura è anche paesaggio, è tutto ciò che ci circonda. La mia speranza è di poter contribuire a tutto questo».

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