L’assemblea dei soci che è tornata a riunirsi martedì non ha trasmesso serenità a nessuno. Il giorno dopo a prevalere sono i timori per il futuro del siderurgico di Taranto, appeso tra le difficoltà finanziarie e il ruolo del privato ArchelorMittal ancora tutto da definire.
Ventiquattro ore dopo la riunione a Milano, l’unica comunicazione ufficiale che arriva da Acciaierie d’Italia Holding, oltre che confermare la riconvocazione dei soci per il sei dicembre, smentisce che «qualsivoglia modifica delle attuali quote di partecipazione nella società sia stata in alcun modo oggetto di confronto tra gli azionisti nell’assemblea di ieri (martedì, ndr)».
Chi spera in una presa in mano della governance da parte dello Stato, oggi minoritario nell’azienda tramite Invitalia, con il 38 per cento delle quote, è rimasto deluso. Intanto il mondo dell’industria italiana si mobilita per sottolineare la centralità del polo di Taranto nella pianificazione industriale italiana.
Alle parole di Carlo Bonomi, numero uno di Confindustria, di due giorni fa, hanno fatto seguito ieri quelle di Emma Marcegaglia. «L’acciaio è fondamentale. Perdere l’Ilva sarebbe una follia, non ci posso credere. Ci sono assemblee che rimangono aperte, l’ultima parola definitivamente negativa non c’è ancora stata. Questo mi fa sperare che qualche possibilità ci sia», ha affermato. Lo stato di sospensione innescato anche dall’assemblea dei soci di Acciaierie d’Italia non può che rafforzare la polemica politica.
Il senatore Mario Turco, numero due del Movimento Cinque Stelle, punta l’indice contro le scelte dell’attuale governo che ha “stralciato” gli investimenti in decarbonizzazione dello stabilimento dal Pnrr. «Di tutti i fallimenti di politica industriale che il governo sta mettendo in fila, quello del settore siderurgico si fa sempre più lampante», sottolinea il senatore tarantino.
Mantenere certi livelli di inquinamento e iniettare continuamente denaro per tenere in piedi una produzione non più economicamente sostenibile, a fronte di una struttura chiaramente sovradimensionata, non ha senso. Se davvero il comparto siderurgico è strategico per il Paese, come Urso ha ripetuto più volte, è giunto il momento di occuparsene: i problemi non si risolvono da soli o trasferendoli su altri», ha sottolineato Turco. A premere verso una rapida soluzione sono anche i sindacati. «Siamo di fronte al fatto che si continua a non decidere – afferma il segretario generale della Fiom Cgil di Taranto Francesco Brigati – e penso che le responsabilità siano tutte del governo, considerando che comunque sono state date risorse pubbliche per un miliardo di euro e in più ora chiedono altri 320-380 milioni e la quota parte di ArcelorMittal non c’è. Diciamo da tempo che queste risorse non possono essere gestite dalla multinazionale, ma ci deve essere un ruolo pubblico rispetto al rilancio di quello stabilimento e l’avvio finalmente di un processo di transizione ecologica», conclude Brigati.