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A Bari un murale per Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: «Eroi che hanno dato la vita per donare speranza»

«Eroi che hanno perso la vita per dare a questo Paese una speranza». Sui muri di Bari da oggi campeggia un murale in onore di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, circondati dai nomi degli uomini e delle donne morti con loro nelle stragi di Capaci e di via D'Amelio. A completare l'opera sono ritratti quattro…

«Eroi che hanno perso la vita per dare a questo Paese una speranza». Sui muri di Bari da oggi campeggia un murale in onore di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, circondati dai nomi degli uomini e delle donne morti con loro nelle stragi di Capaci e di via D’Amelio.

A completare l’opera sono ritratti quattro operai, a simboleggiare tutti i lavoratori che in Italia perdono o rischiano la vita mentre svolgono la propria professione.

Il murale della legalità realizzato dall’artista Kris Rizek e donato dalla Uil Puglia alla città di Bari è un omaggio alle vittime di mafia e sui luoghi di lavoro. L’opera, lunga 14 metri, è stata inaugurata oggi, in via Falcone e Borsellino, sul muro che delimita l’area delle ex casermette, destinata a ospitare il nuovo parco della giustizia.

«Ci auguriamo che questa opera possa aiutare tutti a non dimenticare e consegnare ai giovani la memoria di chi si è sacrificato per continuare a migliorare il Paese», ha affermato il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, intervenuto all’inaugurazione insieme al procuratore della Repubblica, Roberto Rossi, e Matilde Montinaro, sorella di Antonio, il capo scorta di Falcone morto nella strage.

«Siamo a 31 anni dalla strage di Capaci e credo che il nostro Paese abbia sempre la necessità di ricordare quello che è successo, quelle vite spezzate su quell’autostrada diventata famosa in tutto il mondo», ha detto Matilde Montinaro.

«Quelle vite – ha aggiunto – sono quelle di Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo. Sono nomi che vanno ricordati perché rappresentano dignità e identità. Non vanno rinchiusi in un nome collettivo, che è quello della scorta. Da allora – ha spiegato Montinaro – sono stati fatti molti passi avanti, ma non bisogna abbassare la guardia perché le mafie passeggiano nelle vie dei nostri paesi e c’è bisogno dei nostri occhi, non della delega ai magistrati o alle istituzioni, ognuno di noi deve fare la propria parte».

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