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Tre lauree nonostante la malattia, Nazarena Savino: «Ai giovani dico: lottate per il futuro» – L’INTERVISTA

La storia di Nazarena Savino è un inno alla vita, alla determinazione e all'inclusione. Nonostante una malattia neurologica che le impedisce di leggere e scrivere, questa giovane donna pugliese ha conseguito la sua terza laurea, un traguardo che la pone come esempio per tutti. Nazarena, 26 anni, che vive nella piccola città di Erchie (Br),…
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La storia di Nazarena Savino è un inno alla vita, alla determinazione e all’inclusione. Nonostante una malattia neurologica che le impedisce di leggere e scrivere, questa giovane donna pugliese ha conseguito la sua terza laurea, un traguardo che la pone come esempio per tutti. Nazarena, 26 anni, che vive nella piccola città di Erchie (Br), ha discusso una tesi in Storia dell’Arte incentrata sull’accessibilità ai beni culturali, un tema a lei particolarmente caro. La tesi, intitolata “Scale e risalite in architettura per un equilibrio tra accessibilità e fruibilità’”, propone una riflessione innovativa sull’inclusione nei contesti storici. Analizzando nel dettaglio le scale dei palazzi barocchi romani, lo studio indaga come sia possibile conciliare la bellezza architettonica con le esigenze delle persone con disabilità, trasformando le scale da potenziali barriere a elementi che facilitano l’accesso a tutti. Realizzata in collaborazione con Palazzo Barberini a Roma, la tesi ha ottenuto il massimo dei voti, dimostrando una profonda conoscenza della materia e una capacità di analisi fuori dal comune.

Nazarena, quando e come è iniziato il suo percorso nella scuola e poi nell’accademia?

«Il percorso scolastico non è mai stato facile, ma mia madre è stata la mia roccia. A 18 anni mi è stata diagnosticata una malattia neurologica, che oggi mi impedisce di leggere e scrivere. Le difficoltà personali si sono sommate a quelle formative: molte persone mi hanno fatto sentire inadeguata, triste, frustrata. Mi sono sentita dire frasi come “guarderai il mondo da una finestra” da chi consideravo amico, e questo è stato terribile. Ero nel fiore della mia gioventù è stato devastante ma non ho lasciato che mi abbattesse e non mi sono fatta fermare, anzi, ho trovato dentro di me e dentro le persone che davvero mi volevano bene la forza e il coraggio di lottare per realizzare i miei sogni».

Chi le è stato più d’aiuto in tutti questi anni?

«La prima che non finirò di ringraziare è mia madre Lea: lei si è accorta delle mie difficoltà, anche in virtù del fatto che nella sua vita ha portato avanti tante attività con i ragazzi speciali. Da piccola, infatti, non riuscivo a parlare: mia madre non ha mai pensato di demordere e mi ha fatto seguire tante sedute da logopedisti specializzati. Un ruolo fondamentale è stato anche quello di mia sorella Swami: lei, e mia madre, sono state i miei occhi e le mie mani. Così loro leggevano, io imparavo. Anche i miei amici veri mi hanno sostenuta tantissimo. Mi sento però di ringraziare di cuore anche tutto il personale universitario che mi ha incoraggiato in questi anni, a partire dai docenti del corso di laurea in Beni Culturali dell’Università del Salento. Nel centro integrazione sono sempre stati tutti gentili: infatti per questo ripeto sempre “che fantastica famiglia è Unisalento!”».

Come ha vissuto la sua condizione?

«La diversità è ancora vista come qualcosa di strano, ma è ciò che rende il mondo unico. Secondo me è fondamentale non scoraggiarsi, ogni difficoltà è un’occasione per mettersi alla prova ed è una possibilità per affermarsi nel mondo con coraggio e determinazione. Le barriere esistono, ma solo collaborando tutti insieme possono essere abbattute, come dimostra anche la storia di cui sono protagonista».

Vuole lanciare un messaggio finale e un insegnamento a tutte le persone che possano trarre ispirazione dalla storia di cui lei è stata protagonista?

«Ai giovani voglio dire questo: lottate per i vostri diritti e per affermare le vostre capacità! La vita è una lotta continua, ma è proprio attraverso le sfide che si cresce e si diventa più forti. Non abbiate paura di sognare in grande e di combattere per realizzare i vostri obiettivi. La perseveranza è la chiave del successo. Le cose belle e brutte della vita contribuiscono a renderci le persone che siamo oggi: ricordate di andare avanti, sempre avanti, senza abbandonare anche quando sembra troppo arduo. E battiamoci tutti insieme perché le città, i monumenti, tutto sia accessibile a chi ha una disabilità, perché tutti abbiamo gli stessi diritti».

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