Sì viaggiare, evitando le buche più dure… Ah, se solo Battisti avesse provato l’Intercity Bari-Napoli. Questa canzone mi ronza in testa ogni volta che mi imbarco in questa avventura ferroviaria, un viaggio nel tempo più che nello spazio. Eccomi qui, al mio posto preferito: finestrino lato destro, pronta a godermi il panorama… o almeno, questo è il piano. La realtà? Quattro ore e venti minuti di pura “contemplazione”, se per contemplazione intendiamo fissare paesaggi immobili durante soste interminabili nel bel mezzo del nulla. Ma non mi lamento, eh. Questi viaggi sono la mia personale macchina del tempo, dove posso immaginare storie, vivere paesaggi e ammirare scenari… quando il treno si decide a muoversi.
Il viaggio
E pensare che Trenitalia è stata appena incoronata regina delle ferrovie europee! Con un punteggio di 7,7 su 10, ha superato persino le blasonate Ferrovie Federali Svizzere. Mi chiedo se i giudici abbiano mai provato l’ebbrezza di questo Intercity, o se abbiano scambiato la sua lentezza per un’esperienza zen. Forse hanno confuso la frustrazione dei passeggeri con una forma avanzata di meditazione? Certo, Trenitalia ha i suoi punti di forza: pare abbia il miglior rapporto qualità-prezzo in Europa e un’eccellente esperienza di viaggio (8,9/10). Ma evidentemente non hanno considerato questa tratta nella loro valutazione. Qui, l’unica cosa che sfreccia è il tempo che passa, mentre il treno sembra muoversi al rallentatore.
Mi chiedo se abbiano incluso nella valutazione la capacità di trasformare un viaggio di poche centinaia di chilometri in un’odissea degna di Omero. La gerarchia delle Frecce è un capitolo a parte, un vero e proprio giro sulle montagne russe dell’esperienza ferroviaria. Freccia Bianca? «Lasciate ogni speranza, o voi ch’entrate». Vagoni datati, zero servizi anche in prima classe, e un piano di lentezza che fa nascere la voglia di scendere e spingere il treno. Freccia Argento? La terra di mezzo dei servizi ferroviari, dove la puntualità vive di flessibilità. E poi c’è il Frecciarossa, il nostro “hyperloop” all’italiana.
Sfreccia come una saetta… almeno nella pubblicità. In realtà, anche il nostro fiore all’occhiello arriva in ritardo, spesso e volentieri. Il vagone del silenzio del Frecciarossa è la mia nemesi personale. Un luogo dove posso incazzarmi liberamente con i passeggeri che usano il cellulare e fanno videochiamate, ignorando allegramente ogni regola. E i controllori? Ah, loro preferiscono la filosofia del “vivi e lascia vivere”. O forse hanno semplicemente capito che cercare di far rispettare le regole è una battaglia persa in partenza, come sperare che un treno arrivi in orario.
La speranza
Nonostante tutto, continuo a scegliere il treno. Forse sono una masochista, o forse perché, in fondo, amo questi viaggi. Mi danno il tempo di leggere, di pensare, di osservare la vita che scorre (lentamente) fuori dal finestrino. E poi, c’è sempre la speranza che un giorno vedrò realizzarsi il sogno di una linea veloce Bari-Napoli in meno di tre ore. Utopia? No, è nei desideri che ho scritto a Babbo Natale, insieme alla richiesta di un po’ di puntualità e magari un Wi-Fi che funzioni.
Per ora, mi accontento di questo viaggio nel tempo, dove la modernità è un concetto relativo e il progresso sembra aver saltato alcune stazioni. Ma ehi, almeno ho sempre delle belle storie da raccontare. E chissà, forse un giorno potrò dire ai miei nipoti: “Ai miei tempi, per andare da Bari a Napoli ci voleva più tempo che per andare sulla Luna!”. Quante ne voglio, eh? Forse dovrei accontentarmi del fatto che almeno abbiamo un treno, anche se sembra più un’attrazione turistica che un mezzo di trasporto efficiente. Ma continuo a tornare, sperando sempre in un lieto fine.
Bentornato,
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