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Le grandi personalità della musica in scatti d’autore

Settant’anni ad aprile e una vita vissuta come fossero quattro. O cinque, visto il nuovo capitolo che ha iniziato a scrivere, in tutti i sensi: è “Mirko” Rinaldo Boscolo, uno dei fotografi di spicco del mondo del jazz tra la fine degli anni ’70 e la prima metà degli anni ’90. Nella “vita precedente”, l’artista…

Settant’anni ad aprile e una vita vissuta come fossero quattro. O cinque, visto il nuovo capitolo che ha iniziato a scrivere, in tutti i sensi: è “Mirko” Rinaldo Boscolo, uno dei fotografi di spicco del mondo del jazz tra la fine degli anni ’70 e la prima metà degli anni ’90. Nella “vita precedente”, l’artista di origini venete faceva l’impiegato commerciale per una fabbrica lombarda, una moglie, un figlio e due grandi passioni: la fotografia e il jazz, a cui si è dedicato per i 17 anni successivi. Dal 1996 al 2005 diventa skipper e veleggia per gli oceani di tutto il globo; lì conosce la barese Betty Tadonio, con la quale mette su famiglia ad Antigua (Caraibi) e, insieme, danno vita ai loro sogni: la piccola Alba (oggi adolescente), Sun Ra (il ristorante di cucina italiana, intitolato a un Grande del jazz, che hanno guidato insieme negli ultimi 10 anni) e un trullo in Valle d’Itria, precisamente a Ostuni dove si trasferirà a breve. Ed è proprio dalla Puglia che sta per ripartire la sua storia.

Mirko Boscolo, è ora di un altro cambiamento radicale?
«Durante il lockdown mi sono scoperto scrittore: non potendo socializzare con altre persone ho dialogato con me stesso, ripensando e ripesando il bello e il brutto della mia vita, senza filtri. Un coming out molto critico che diventerà presto un libro, “La fotografia, il jazz e Mario”».
Mario?
«Mario Guidi, un grande amico che purtroppo è scomparso a fine 2019, uno dei più grandi produttori italiani di artisti del calibro di Enrico Rava e Stefano Bollani. Lo scorso novembre, gli sono state dedicate due collettive, a Bologna e a Bertinoro, a cui sono stato felice di partecipare: fu lui a farmi scoprire il jazz».
Cosa ha comportato questo lavoro di scrittura autobiografica?
«Mi ha permesso di riscoprire le mie foto e il valore di quel periodo della mia vita».
Lei ha firmato molte delle copertine della rivista Musica Jazz di quegli anni, e quelle dei dischi di grandi musicisti.
«In tutto 25000 foto; di una prima selezione (3000 scatti) mi sto divertendo a immaginare un futuro».
Un futuro prossimo che lo vedrà tornare in Italia a marzo, per stabilirsi definitivamente al trullo e da lì lavorare ai prossimi progetti, fra cui: un altro libro, che andrà in stampa fra un paio di settimane (il primo della neonata linea editoriale di Red Records), un’antologia di 60 fotografie che saranno esposte in una mostra a Padova il prossimo novembre; e un’inedita raccolta di immagini, “Donne del Jazz”.
Non è opinione comune che il jazz sia ancora una roccaforte maschile?
«Le donne le adoro. Forse proprio perché è ancora un mondo prevalentemente di uomini, ho sempre amato catturare le loro note fuori dal coro con la mia macchina fotografica: ho ritrovato tanti ritratti femminili di grandi musiciste e cantanti che credo meritino visibilità anche nell’odierno mondo del jazz».
Per esempio?
«Lucia Minetti, Michela Martelli, Paola Lorenzi, Gabriella Rolandi e Laura Conti: erano le “Pause del silenzio/Quintetto vocale italiano”; con Giorgio Gaslini nel 1991 avevano pubblicato l’album “Freedom jazz dance”, di cui avevo curato la copertina e i ritratti personali. Dopo la morte di Giorgio si erano sciolte, andando ognuna per la propria strada artistica; ma sono ancora in contatto con tutte e cinque e sto cercando di rimetterle insieme per organizzare una serie di concerti. Un quintetto di voci jazz femminili del loro livello penso spiccherebbe nel panorama attuale, dove c’è tanta fuffa».
Con questi scatti, e tanti altri del suo archivio, ha in programma di allestire diverse mostre.
«Ho il pallino di esporre a Bari. Adoro anche Locorotondo, mi piacerebbe lavorare con il gruppo di giovani che organizzano il Locus Festival, sono in gamba, e vorrei mettere le mie competenze a disposizione delle “nuove leve”, con dei workshop magari, perché è un mestiere in cui non ci può improvvisare».
Mirko, che è l’unico al mondo ad aver creato una mostra interamente dedicata a Miles Davis nel 2017, sta per donare il suo archivio storico alla Fondazione di Roberto Cifarelli (altro grande fotografo e punto di riferimento nel mondo del jazz), affinché trovi nuova vita e continui ad essere valorizzato: testimonianze preziose che raccontano con ironia, verità e passione, le personalità creative, folli a tratti, essenzialmente geniali, di artiste e artisti straordinari, fra cui anche Giorgio Gaslini e il “nostro” Roberto Ottaviano, altra figura di spicco della carriera di Mirko.
«Ci vedevamo spesso in studio a Milano, lui arrivava già con tante idee, c’era grande empatia, abbiamo lavorato benissimo insieme, e nelle foto si vede».
Ma che gli facciamo noi pugliesi alla gente del Nord?

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