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Antonella Matranga «con gli anni ’80 nel cuore»: parte da Bari l’ispirazione per le sue “Vite in tempesta”

«È un romanzo che parla di ragazzi, ma si rivolge anche agli adulti, ambientato in un’epoca in cui si era completamente liberi e si viveva un’indipendenza oggi impensabile. Ma è anche l’epoca in cui nascono le ossessioni della vita odierna». A raccontarlo è Antonella Matranga, giornalista e autrice del romanzo d’esordio “Vite in tempesta”, edito…

«È un romanzo che parla di ragazzi, ma si rivolge anche agli adulti, ambientato in un’epoca in cui si era completamente liberi e si viveva un’indipendenza oggi impensabile. Ma è anche l’epoca in cui nascono le ossessioni della vita odierna». A raccontarlo è Antonella Matranga, giornalista e autrice del romanzo d’esordio “Vite in tempesta”, edito da “Castelvecchi Editore”.

Antonella, “Vite in tempesta” è il suo romanzo d’esordio. Dopo la carta stampata, i reportage, i programmi radio e tv, la regia, che emozione è stata?

«Credo che sia l’emozione più grande. La scrittura è sempre stata la mia passione: lo si evince dal mio percorso lavorativo, ma da buona giornalista ho sempre raccontato la vita degli altri. Nella scrittura romanzata, invece, si è completamente liberi, anche di esprimere idee e opinioni, facendole raccontare ai personaggi. Oppure, ancora, si possono raccontare le proprie esperienze, sempre distribuendole nei vari personaggi. C’è una libertà assoluta che non segue un criterio come i reportage o le interviste, per esempio».

Addentrandoci nel libro, gli anni Ottanta emblema del cambiamento. Come nasce la scelta dell’ambientazione temporale?

«La scelta dell’ambientazione temporale è assolutamente voluta, per essere libera di raccontare storie slegate dal terribile ricatto degli smartphone e dei messaggi. E poi, così, sono riuscita a mettere ancor più in evidenza l’indipendenza dagli adulti che si aveva in quegli anni e la capacità di assumersi le responsabilità dei propri sbagli. Era molto importante creare quest’atmosfera».

Il crollo degli ideali giovanili lascia spazio all’ossessione dell’apparire. È in quegli anni che inizia tutto?

«È un fenomeno molto simile a oggi. A quell’epoca c’era stata la fine del movimento studentesco, quindi di un periodo di lotte e valori in cui tutti gli studenti erano coinvolti. Questo lascia spazio a quello che D’Agostino definì l’edonismo reaganiano, cioè un mondo tutto colorato, con la diffusione, per esempio, di capi d’abbigliamento come i leggings. Ma si va anche oltre la moda: è in quel periodo che si inizia pure a inseguire il denaro e l’idea che senza successo non si è nessuno. Oggi c’è ancora molto di quell’idea, in un mondo dominato dall’apparenza e dai followers».

Proprio venendo all’attualità, è un fenomeno cresciuto negli anni, ma quali sono le differenze?

«La differenza sostanziale, che ho voluto mettere in evidenza nel romanzo, è che negli anni Ottanta i ragazzini di 17, 18 o 19 anni erano completamente liberi. C’era un’indipendenza che oggi è assolutamente impensabile e che rende i giovani molto fragili. A noi i “no” facevano quasi ridere, oggi il discorso è un po’ più complicato».

“Vite in tempesta” analizza anche le vicissitudini e i turbamenti adolescenziali?

«È un romanzo che parla di ragazzi, ma si rivolge anche agli adulti, perché si affrontano temi ed esperienze che possono essere vissute da persone di qualunque età. Non sono solo turbamenti, amori e insicurezze, ma sono anche scelte che segnano la vita di questi personaggi e che spesso derivano da circostanze create dagli adulti o da una società che discrimina. E c’è anche un discorso sulle donne, che subiscono, appunto, discriminazione qualunque scelta facciano. E pagano, ieri come oggi: all’epoca con la nomea, oggi con le foto divulgate sul web».

La scelta del luogo, invece? Perché Bari e perché il liceo classico “Quinto Orazio Flacco”?

«Bari è la mia città. Non si scrive mai completamente avulsi dalla propria esperienza e io quel periodo l’ho vissuto a Bari. Anche se nel romanzo c’è tanto di inventato, c’è anche tanto, soprattutto dal punto di vista storico, che è vero, come la politica che si era vissuta in quel liceo, che io ho frequentato».

Ma cosa la lega di più a Bari?

«Manco da 34 anni, perché ho vissuto a Milano e a Parigi, adesso a Roma. Ma questo romanzo mi ha avvicinato alla mia città natale. E anche il secondo libro sarà in parte ambientato a Bari».

Sta pensando di ritornare?

«Sì, perché a un certo punto il ciclo della vita deve riportare nella propria terra. Mi manca il mare. E poi, quando sono andata via era impossibile svolgere il mio lavoro in Puglia. Ora mi piacerebbe tornare anche per trasmettere la mia esperienza, questo mi renderebbe davvero felice».

C’è qualcosa della sua esperienza personale nel romanzo?

«Sì, c’è l’esperienza di quel periodo storico, i ricordi di tutto quello che ho vissuto in quel liceo e di quel movimento politico che aveva coinvolto tanti ragazzi. Gran parte di quello che racconto, facendolo vivere ai personaggi, è creato da una realtà che è stata vissuta».

Se dovesse descrivere questo libro con una sola parola, quale userebbe?

«Facciamo con tre, “Vite in tempesta”. Il titolo secondo me è esaustivo, perché si racconta di alti e bassi, come le vite di ognuno di noi».

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