«Sembra inverosimile e preoccupante che la decisione sia giustificata con “l’impossibilità di rifornire lo stabilimento di Ferrandina di materia prima, dovuta al ritardo nelle consegne dei fornitori e all’inevitabile ritardo nei trasporti verso Ferrandina, oltre che alla carenza di operatori degli impianti e del trasporto dovuta alla situazione pandemica”», lo scrive l’arcivescovo della diocesi Matera-Irsina, Giuseppe Caiazzo, in merito al rischio licenziamento di 40 lavoratori della Coopbox di Ferrandina.
Monsignor Caiazzo ha inviato una lettera alla Happy srl, società con sede in provincia di Cremona che ha rilevato la Coopbox da circa tre mesi. Caiazzo chiede di «non chiudere» lo stabilimento di Ferrandina e si dice sorpreso della «notizia inattesa che annunciava il fermo dell’attività produttiva dal 31 gennaio al 13 febbraio e la messa in ferie del personale, con la sola eccezione degli addetti agli uffici e alle spedizioni». Per il territorio della provincia di Matera, il fermo dell’attività produttiva sarebbe «un’ulteriore ferita».
«L’avrei potuto capire durante il periodo del lockdown ma non nel momento in cui tutto è ripartito – scrive Monsignor Caiazzo -. L’imminente chiusura dello stabilimento lucano comporta il conseguente licenziamento di 40 lavoratori». Pertanto nella lettera ai dirigenti l’arcivescovo ha auspicato che la decisione «sia rivista e ripensata affinché l’azienda di Ferrandina non venga chiusa ma rilanciata, se ritenete opportuno modernizzandola e riconvertendola, per continuare la produzione, salvaguardare il posto di lavoro e offrendo ulteriori opportunità».