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Papa Leone XIV, la scelta di un nome “sociale” per le sfide della globalizzazione

Quando Dominque Mamberti, il cardinale protodiacono, annuncia che “habemus papam” quasi tutti in piazza San Pietro e nel mondo non credono che possa esserci il quattordicesimo Leone e invece il cardinale Prevost, sceglie di essere colui che segue papa Vincenzo Pecci, eletto Leone XIII nel 1878, in un’epoca caratterizzata, allora come oggi, da un vorticoso…
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(Foto di Cecilia Fabiano / LaPresse)

Quando Dominque Mamberti, il cardinale protodiacono, annuncia che “habemus papam” quasi tutti in piazza San Pietro e nel mondo non credono che possa esserci il quattordicesimo Leone e invece il cardinale Prevost, sceglie di essere colui che segue papa Vincenzo Pecci, eletto Leone XIII nel 1878, in un’epoca caratterizzata, allora come oggi, da un vorticoso sviluppo tecnologico e da un laicismo e anticlericalismo diffuso e prepotente, come molte teorie dell’epoca attuale.

Perché Prevost abbia scelto questo nome, lo dirà la sua azione pastorale e diplomatica nei prossimi anni, ma gli indizi di quanto possa essere in continuità con l’estensore della Rerum Novarum, una delle encicliche più famose di tutti i tempi, la prima “sociale” che individuava una terza via tra le grandi ideologie del ‘900, capitalismo liberista e socialcomunismo, sono nel primo discorso da Pontefice e anche e soprattutto nel suo percorso sacerdotale, missionario e di amministratore di Curia.

Un uomo di Chiesa che ha sempre «costruito ponti», come chiede ora da Papa al mondo intero, che ha a cuore le povertà e i bisogni, avendo conosciuto per molto tempo le tristi realtà dell’America Latina da missionario in Perù.

La scelta

Forse, ma lo sapremo da lui stesso, Prevost ha scelto Leone perché come il Papa che dovette interagire con il “modernismo” e conobbe lo sfruttamento dell’industrializzazione, contrastando i due fenomeni di fine secolo, con voce forte e decisa in favore dei bisognosi, vuole tradurre una Chiesa non più solo voce spirituale, ma fattiva e propositiva verso le trasformazioni del mondo e della società. Inoltre, Leone ha come punto di riferimento sant’Agostino al cui ordine appartiene. Quel dottore della Chiesa, proveniente da Ippona, in Africa, che scrive La città di Dio, un altro manifesto politico, a cavallo tra il quarto e quinto secolo mentre crollava l’impero romano. Questo sarà Leone XIV? Un Pontefice che come Papa Pecci potrà considerare  fra i compiti della Chiesa anche l’attività pastorale in campo sociopolitico, indicando ai potenti e alle Nazioni del mondo una via “terza” per risolvere le contese internazionali, come fece Leone XIII, contrastando il laicismo del suo tempo tra marxisti e anticlericali liberali con una decisa azione diplomatica anche e soprattutto internazionale.

Leone, però, non è solo un nome di un Papa che fu pontefice sociale, è anche quello di uno dei più stretti collaboratori di san Francesco d’Assisi, che raccolse molte riflessioni del “frate poverello” e della sua regola. Un frate, ritenuto intellettuale, ma anche uno dei più puntuali traduttori nella pratica di quella indicazioni severe che Francesco impose ai suoi seguaci. Un indizio deciso che dalle riforme di Bergoglio non si torna indietro.

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